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A Gennaio 2008 il Parco Naturale
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Tra la punta di Portovenere e il Capo Corvo si apre una delle più profonde insenature di tutto il litorale occidentale italiano, declamata nei versi di illustri poeti e nella quale è incastonata La Spezia, città sede di porto militare e mercantile, che oggi è anche punto di attracco per le navi da crociera...

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Cinque borghi marinari il cui destino è sempre stato storicamente legato alla terra e all'agricoltura piuttosto che alla pesca. Un paradiso naturale della Liguria che nel 1997 è stato inserito dall'UNESCO tra i Patrimoni Mondiali dell'Umanità...

Elenco puntato - La Val di Magra  LA VAL DI MAGRA

Nobili, vescovi, mercanti e pellegrini
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Culture differenti per storia e tradizioni,
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Elenco puntato - La Val di Vara  LA VAL DI VARA

La "Valle dei borghi rotondi"
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La "Terra della Luna", in Italia,
ha la più alta concentrazione di
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circa 160. Alcuni sono bellissimi e perfettamente conservati...

 
 
 
 

Fotografie © GIOVANNI MENCARINI

 
Il Golfo della Spezia
GOLFO DELLA SPEZIA - Parata di Tall Ships tra Lerici e Portovenere

Blocco Notes

Luogo di poeti, di santi e di bellezze naturali
Nel 1923 l'estremo lembo orientale della Liguria viene separato dalla provincia di Genova per formarne una nuova, quella della Spezia. La porzione di territorio è abbastanza modesta e più di un terzo appartiene alla media montagna a ridosso dell'Appennino Ligure dove le condizioni di vita della popolazione non sono le più floride. La provincia della Spezia si divide geograficamente in 4 macro aree: la valle del Vara, la valle del Magra, la fascia costiera delle Cinque Terre (Patrimonio Mondiale dell'Umanità UNESCO) e il Golfo della Spezia.
Il Golfo della Spezia si apre all'estremità sud-orientale della costa ligure, fra due dorsali longitudinali dell'Appennino da nord-ovest a sud-est, che lo dividono da un lato dal Mar Tirreno, dall'altro dalla piana alluvionale del basso corso del fiume Magra.
Il golfo, in fondo al quale è incastonata come una perla la città, penetra nella costa per una lunghezza di circa 13 chilometri, ha una larghezza massima di 8,7 chilometri ed offre una vasta zona di riparo, sicura e protetta dal libeccio.
Il Golfo della Spezia ha assunto l'attuale conformazione in epoca pleistocenica. Nel Pliocene superiore, infatti, era ancora presente un lago nel quale sfociava il fiume Vara, che in seguito deviò verso Est fino a confluire con il Magra. E' dal mare che si ha la visione più completa della zona, un
LA SPEZIA - Il porto

LA SPEZIA - Il porto

anfiteatro naturale, chiuso ad Occidente dal promontorio di Portovenere ed a Oriente da quello di Montemarcello; sono due complessi collinari che raggiungono rispettivamente i 700 e i 400 metri d'altezza, caratterizzati da una copertura boschiva mediterranea che conserva importanti valenze naturalistiche, poste sotto
tutela con l'istituzione d Parchi Nazionali e Regionali (Cinque Terre, Montemarcello-Magra e Portovenere).
Il tratto costiero che va da Portovenere alla Spezia è intensamente popolato, con gli insediamenti militari del Varignano e di Santa Maria, i borghi di Cadimare, Fezzano e Le Grazie, a costituire quasi un tutt'uno con la città.
Lungo il promontorio orientale, invece, San Terenzo, Lerici e Tellaro sono ancora immersi nel verde degli olivi e dei vigneti. L'ultimo tratto di questa costa è caratterizzato da imponenti falesie, intervallate da insenature che racchiudono piccoli lembi di spiaggia, di fronte alle quali operano alcuni stabilimenti per la miticoltura.
Nel golfo della Spezia la copertura vegetale più diffusa è la macchia mediterranea, costituita da arbusti sempreverdi quali il lentisco, la fillirea e l'alaterno. Solo in alcune zone c'è la presenza della lecceta, il bosco di leccio che un tempo rivestiva la maggior parte dei versanti a mare del Golfo. Le piante di alto fusto sono costituite da quercia, roverella, carpino nero e castagno nei versanti più freschi.
● Le radici del Golfo sono di epoche remote
L'albero genealogico della Spezia affonda le sue radici in epoche quanto mai remote e, forse, è più antico di quello della pur antichissima Luni.
Infatti, nel 1886, durante alcune opere di scavo per la costruzione dell'Arsenale, nell'area del futuro bacino Umberto I tornarono alla luce due statue-stele, le primitive ed ancora misteriose rappresentazioni antropomorfe ritenute opera di artisti dell'Età del Bronzo.
In epoca ancora più moderna un terreno di Pegazzano ha restituito un piccolo tesoro archeologico, la cosiddetta "Tomba del guerriero", che risale all'Età del Ferro.
Il Golfo piacque anche ai Romani, che lasciarono varie testimonianze del loro dominio, tra le quali la necropoli di Melara, databile attorno al I secolo.
La natura faceva del Golfo un rifugio ed un approdo ideale per le imbarcazioni e quindi i porti non potevano mancare. Pur tuttavia gli insediamenti del passato furono sempre di modeste dimensioni. Ancora agli inizi dell'800 gli abitanti della Spezia non superavano le tremila unità.
In un cimelio fotografico databile attorno al 1860, epoca in cui iniziarono i lavori per costruire l'Arsenale, si può vedere che il nucleo cittadino era ancora di dimensioni quanto mai ridotte. La distesa verde dei campi occupava gran parte dell'area che in seguito sarà intensamente edificata. Dominava la scena il tracciato del futuro Viale Savoia, oggi Viale Amendola, a fianco del quale erano in corso i lavori di arginatura allestiti per dare un corso regolare e sicuro al torrente Lagora.
● Origine del nome e vicende storiche della Spezia
Il nome della Spezia, che è tuttora di incerta origine, compare per la prima volta in un atto di donazione dell'anno 1111, riguardante un vecchio monastero, dove una delle firme apposte è di un tale «Ursus de Spesia». Ritroviamo qualcosa di similare in alcuni contratti commerciali del 1160 sottoscritti da «Bonus Johannes e Baldus de Specia».
In altre carte e in libri il nome ricompare con qualche variante: Spedia, Spezza, Spetie, Golgo delle Spetie.
In ogni caso le successive trascrizioni trovate sui documenti denunciano una costante incertezza nel volgarizzare le varie forme latine riportate dagli atti.
Il linguista Serra, insieme ad altre dotte ipotesi di derivazione latina del nome, accenna anche alla possibilità che La Spezia derivi da «specie», «spezie», porto dove appunto si commercializzavano le spezie.
Altri collegano la voce dialettale «spèsa», con la s dolce come in riso, al fatto che il Golfo era un noto centro di mercati, cioè di... spese.
La forma attuale del nome risale solamente al 1766.
Il primo documento conosciuto che riporta lo stemma della Spezia, secondo Ubaldo Formentini, risale al 1409 e rappresenta una torre quadrata merlata sopra una collina a tre cime con le lettere SP(ezia).
Fino agli inizi dell'Ottocento l'importanza della città fu del tutto trascurabile in quanto, per precisa volontà, la repubblica di Genova ne contrastò pesantemente lo sviluppo marittimo per favorire i suoi scali e quelli dei centri a lei più vicini.
Il piccolo borgo marinaro medievale della Spezia sorse e si sviluppò
LA SPEZIA - Panoramica di Piazza Verdi che si specchia nell'acqua

LA SPEZIA - Piazza Verdi

fra i ruderi di un considerevole abitato romano, ruderi ancora imponenti nel secolo XIV, quando gli spezzini ne cavarono pietre per costruire le proprie mura. La romanità della Spezia è rivelata in primo luogo dagli scavi dell'Arsenale Militare che hanno riportato alla luce numerose anfore, evidentemente all'epoca cadute in fondo al mare, in
secondo luogo dal rinvenimento presso la cattedrale di Santa Maria di un ponte romano, scoperto durante uno scavo occasionale di Via Biassa.
Intorno al Mille il territorio del golfo della Spezia era sotto il potere dei signori di Vezzano Ligure, valvassori degli Obertenghi e strettamente legati alle famiglie signorili della Riviera, come quella dei Conti di Lavagna. Il dominio dei signori di Vezzano giungeva fino al piccolo porto di Boron, che corrispondeva, grosso modo, all'attuale nucleo di San Venerio.
La Spezia seguì le vicende della repubblica di Genova, fra alti e bassi, dal momento della sua annessione allo Stato genovese, avvenuto nel XIII secolo, fino alla Rivoluzione Francese, subendo, nelle terribili guerre del XVIII secolo, non poche rovine.
Sarà Napoleone Bonaparte a staccare nuovamente le due città nel 1812 quando, vista l'importanza del suo golfo, dichiarò La Spezia porto militare e la elesse a capoluogo del circondario di Venere. In quell'epoca La Spezia contava circa 3.000 abitanti.
Si trattava di una città proporzionata alle possibilità di lavoro e di vita offerte; si trattava di una piccola comunità di gente di mare - marittimi, barcaioli, pescatori - ma anche di artigiani, commercianti, agricoltori, tecnici e lavoratori addetti alle attività industriali.
Alcune di queste, antichissime, erano maggiormente sviluppate in centri vicini, come la costruzione di battelli documentata a Portovenere fin dal XIII secolo e l'escavazione del marmo portoro alla Palmaria, al Tino e Portovenere, luoghi che oggi figurano nella lista dei Patrimoni Mondiali dell'Umanità redatta dall'UNESCO.
La natura aveva fatto del golfo della Spezia un rifugio ed un approdo ideale per le imbarcazioni e quindi i porti non potevano mancare, ma guardando al passato si vedeva che il maggior prestigio era stato goduto dalla romana Luni e quindi da Lerici (frequentata dai mercanti di Lucca), contesa dai pisani e dai genovesi. Guardando al presente si notava che La Spezia era dotata soltanto di un piccolo molo intorno al quale si svolgeva un lavoro portuale di scarsa entità, un esiguo movimento di navi.
LA SPEZIA - La figura della bandiera italiana originata dalle "Frecce Tricolori" fa da sfondo al monumento a Giuseppe Garibaldi
Se la natura aveva creato tutto ciò che potesse desiderare un marinaio, in pratica non erano molti gli uomini di mare che ne usufruivano.
Non poteva essere altrimenti: la cittadina non era ricca e poche strade la collegavano ad un entroterra indubbiamente non florido dal punto di vista economico.
L'intendimento di Napoleone era quello di far diventare La Spezia, oltre che una piazzaforte, la Base Navale principale della flotta francese nel Mediterraneo, comprensiva di un grande Arsenale. Egli pertanto sognava di concentrare nel golfo spezzino le principali forze marittime delle quali poteva disporre.
Questo progetto, che avrebbe portato la Marina transalpina fuori dai confini naturali di Francia, fu sempre osteggiato dal Ministero francese il quale giunse anche a gonfiare enormemente le spese della sua realizzazione pur di far recedere Napoleone dai suoi propositi.
Negli anni 1812-1814 la costruzione di un Arsenale nel golfo venne anche caldeggiata dall'allora Sottoprefetto della Spezia Santorre di Santarosa.
In un primo momento, lo stabilimento avrebbe dovuto essere collocato tra Portovenere e le Grazie, con annessa deviazione delle acque del fiume Vara fino a tali località per far fronte alle necessità della Marina Militare e delle officine.
Il risveglio della «bella addormentata nel Golfo», iniziato con Napoleone, si completò quando politici e militari pensarono bene di trasferire alla Spezia i Comandi e l'Arsenale della Marina Militare di Genova, il cui porto era fortemente impegnato dal traffico mercantile.
● La Spezia in festa per l'inaugurazione dell'Arsenale
A metà dell'Ottocento (30 maggio1849) il Cavour riprese infatti l'idea napoleonica e la rafforzò nonostante la stessa fosse pesantemente avversata dalla maggioranza dell'opinione pubblica nazionale. A fomentare gli animi erano i genovesi i quali mal digerivano che alla loro città venisse tolta la vecchia darsena per costruire un arsenale marittimo al Varignano. L'edificazione di un Arsenale Militare alla Spezia dovette perciò attendere ancora parecchi anni ed avvenne solo tra il 1862 e il 1869, secondo i progetti del generale Domenico Chiodo e con stanziamenti pari a 36 milioni di lire. Cominciò così l'aumento vorticoso della popolazione spezzina, grazie alla forza lavoro proveniente da ogni parte d'Italia.
Il 28 agosto 1869, dopo sette anni dall'inizio dei lavori, l'Arsenale marittimo fu solennemente inaugurato, alla presenza di autorità militari e civili, tecnici, giornalisti ed una folla di invitati dalla quale si levò il grido "Viva l'Italia" quando le acque del mare irruppero nei bacini di carenaggio con un tremendo ruggito.
L'Arsenale Militare Marittimo inizialmente aveva quattro bacini ed uno scalo ed entrò subito in funzione. La prima nave ospitata per le operazioni di carenaggio fu la corazzata San Martino.
Il 10 giugno 1878 la città fu in festa per due importanti avvenimenti: l'inaugurazione del monumento a Domenico Chiodo e il varo della corazzata Dandolo, la prima grande nave costruita nell'Arsenale, dopo la Palestro (1871) avvenuta a San Bartolomeo.
Grafica titolo testo  Il generale Domenico Chiodo

Domenico Chiodo, nacque a Genova nel 1823 e morì alla Spezia nel 1870.
Quando era ancora  capitano del genio Militare, venne incaricato di progettare l'Arsenale Militare della Spezia, secondo i dettami di una legge voluta dal Cavour e approvata dal parlamento sabaudo.
Oltre che alla realizzazione delle darsene, il progetto di Chiodo prevedeva

l'edificazione di nove scali per la costruzione delle navi, di quattro bacini di carenaggio (due vennero aggiunti in seguito) e delle varie officine specializzate.
L'ubicazione dell'Arsenale era stata stabilita nella piana di Marola, su un'area in parte situata sulla terraferma ed in parte da recuperarsi dal mare con i materiali ricavati dagli sterri. Sul fronte dello stabilimento, per arrestare le torbide marine e mantenere le acque tranquille davanti agli scali, era ideato un ampio avamporto, i cui due moli dovevano pure servire per l'approdo dei vascelli.
Il generale provvide anche all'armonizzazione dell'Arsenale di Taranto, dello scavo del Canale Navigabile e del ponte girevole. A differenza di quello spezzino, l'Arsenale di Taranto non fu impiegato tanto per la

LA SPEZIA - Busto del generale Domenico Chiodo, esposto durante la mostra "Da Cavour alla Cavour"

costruzione di unità navali quanto soprattutto per la manutenzione e la riparazione delle numerose unità con base nel capoluogo ionico.
Chiodo si occupò inoltre del progetto preliminare per la trasformazione e l'ammodernamento dell'antico Arsenale di Venezia.
Incaricato di rappresentare l'Italia durante l'inaugurazione del Canale di Suez, si spinse nel Sudan dove contrasse la malaria, malattia che lo portò alla tomba poco dopo il suo ritorno in patria (1870).
Alla morte del Generale Chiodo la Fratellanza Artigiana della Spezia promosse un Comitato - presieduto dal Marchese De Nobili, allora sindaco della città - per la realizzazione di un monumento in suo onore, che venne poi eretto nella omonima Piazza Chiodo antistante l'Arsenale da lui progettato.
L'opera, innalzata con il concorso di tutti gli Italiani, venne solennemente inaugurata il 10 giugno 1878, nello stesso giorno in cui ebbe luogo il varo della corazzata «Dandolo».
Le opere progettate e realizzate dal Generale Chiodo testimoniano, dopo tanto tempo, l'eminente personalità di questo tecnico che seppe vedere molto distante, non solo nel settore di sua particolare competenza, ma anche in quello urbanistico.

Il battesimo della Dandolo non fu fortunato perché, quando i 3/4 dello scafo erano già in acqua, un problema tecnico causò l'impuntamento dei vasi contro l'antiscalo e la nave, esaurendo il suo moto proprio, si fermò. Numerosi furono i tentativi effettuati da altre imbarcazioni della flotta per trascinarla definitivamente a mare, tutti miseramente falliti per la rottura delle gomene. I tecnici allora rinunziarono all'idea di rimorchiare la Dandolo e si affidarono solo all'azione persuasiva di leve e martinetti; un lavoro lungo e paziente che diede i suoi frutti solo alle otto della sera quando la corazzata smise di fare i capricci e scivolò tutta in acqua.
Ai primi del Novecento inizierà per la Spezia una nuova fase di sviluppo urbano, indotto dall'industrializzazione del suo golfo. Nel 1931 i residenti in città arrivarono a 115.000 unità.
L'Arsenale Militare occupava tutto il settore meridionale della città, su una superficie di 90 ettari e costituiva la principale base marittima dell'Alto Tirreno, sede di Ammiragliato.
Una buona parte del golfo della Spezia rinunciò pertanto alle bellezze naturali, al mare pulito e libero, alla vocazione turistica, lasciando tutto questo a Portovenere, Lerici, San Terenzo, Cinque Terre ed altri luoghi privi di installazioni militari o di ciminiere.
Ma è anche vero che lo sviluppo e l'importanza della Spezia, raggiunti nella seconda metà dell'Ottocento, sarebbero stati difficilmente conseguibili, almeno in quell'epoca, sulla base del solo turismo, che allora interessava un numero limitato di italiani e di forestieri, non essendo un fenomeno di massa ma di élite.
● L'Arsenale, perno strategico della difesa nazionale
La Spezia, Taranto e Venezia erano arsenali fortificati e piazze navali perché offrivano riparo sicuro alla flotta. La Spezia però, vista la sua posizione centrale tra il Mar Ligure ed il Tirreno, era una piazzaforte marittima di primaria importanza e divenne perciò uno dei due fulcri del piano di difesa nazionale, con larghe risorse sia per la difesa verso terra che verso il mare.
Il sistema difensivo verso il mare contava su 122 bocche da fuoco di grosso calibro e 55 di calibro inferiore, 5 stazioni fotoelettriche e 2 telegrafiche ottiche. Le opere verso terra erano impostate a campo trincerato con 357 pezzi per un armamento di 534 bocche da fuoco in batteria e 58 di riserva. Una cinta muraria racchiudeva il porto militare, l'arsenale e le caserme; un cannone di grande potenza da 400 mm era sistemato in Palmaria.
Le fortificazioni verso terra erano tali da impedire al nemico, che si presumeva arrivasse da sud dopo uno sbarco in Toscana, di avvicinarsi al golfo e porlo in assedio; la difesa verso mare era basata sulla diga e su due forti principali, affiancati da batterie, per impedire la presa ed il bombardamento del golfo dalle acque antistanti, che erano coperte dalle artiglierie, numerose e di dimensioni ridotte per non essere facili bersagli per il nemico.
Ciascuna opera di difesa era collegata alla città da una strada militare carreggiabile ed allacciata alla litoranea Portovenere - Spezia - Maralunga; esistevano inoltre una rete telegrafica ed una telefonica che collegavano tutte le postazioni e le stazioni di segnalazione ottica tra loro e con i loro comandi alla Spezia.
● Alla Spezia nacque il primo sommergibile italiano
Il primo sommergibile italiano fu una torpediniera sottomarina chiamata "Delfino". Nacque alla Spezia e fu ideata e disegnata nel 1890 dall'ing. Giacinto Pullino, direttore delle costruzioni navali del dipartimento della Spezia dal 1883 al 1889 ed, in seguito, ispettore del Genio Navale.
Questo prototipo si chiamava così perché aveva lo scafo affusolato e snello come quello di un delfino e, proprio per questo motivo, poteva stare agevolmente sopra o sotto le onde, apparendo e scomparendo dalla superficie del mare. Il sommergibile era lungo quasi 24 metri per 3 di larghezza ed era composto da sezioni circolari corazzate nella parte superiore. Dotato di accumulatori e motori elettrici, raggiungeva una velocità massima di 7 nodi.
Si ritiene che il Delfino sia stato il primo sommergibile a lanciare regolarmente dei siluri, sia da fermo che in navigazione, attraverso due tubi interni allo scafo. Il battello possedeva anche altri armamenti ed era munito di un clepstoscopio, strumento ottico che consentiva al comandante della torpediniera in immersione di osservare quello che stava accadendo sulla superficie dell'acqua.
Il Delfino rimase in servizio per molto tempo e fu radiato soltanto nel 1918, al termine della prima guerra mondiale.
Il nome di Giacinto Pullino venne dato ad un altro sommergibile che all'alba del 30 luglio 1916 partecipò ad una missione militare nel porto di Fiume. Durante le manovre il battello si incagliò nei pressi di un'isola e fu catturato dagli austriaci. A bordo si trovava in servizio, come tenente di vascello, il patriota istriano Nazario Sauro che, riconosciuto, venne condannato all'impiccagione e pagò con la vita il suo ardente irredentismo.
● Marconi sperimentò nel Golfo la radiotelegrafia
Nel 1897 il Golfo della Spezia fu teatro di importanti esperimenti sulla trasmissione delle onde radio ad opera di Guglielmo Marconi. Il ventenne scienziato aveva già scoperto la radiotelegrafia nella primavera del 1895 dopo aver compiuto alcune prove per l'invio di segnali senza l'utilizzo di fili. La cosa era avvenuta a Pontecchio, nel Bolognese, dove la famiglia Marconi
LA SERRA di LERICI - Monumento ANMI ai caduti del mare. Sullo sfondo il Golfo della Spezia
era proprietaria di una villa.
I risultati raggiunti da Marconi nelle sue prime sperimentazioni vennero portati all'attenzione del governo italiano il quale, però, non li tenne in dovuta considerazione.
Il geniale inventore si era perciò recato in Inghilterra dove aveva ricevuto aiuti economici per perfezionare i propri apparecchi.
I successi ottenuti all'estero fecero fare subito retromarcia ai nostri governanti e, per iniziativa del ministro della Marina, Marconi venne invitato a tornare in Italia per effettuare esperimenti di radiotelegrafia a bordo di unità della flotta militare. In quello stesso anno, il genio italiano dette pratiche dimostrazioni
dell'importanza della sua scoperta con trasmissioni di segnali tra la terraferma e la nave San Martino che era distante 18 chilometri. La cosa era avvenuta utilizzando delle apparecchiature che lui stesso aveva installato presso l'Arsenale della Spezia.
Per le sue esperienze di radiotelegrafia Marconi aveva a disposizione anche l'incrociatore corazzato "Carlo Alberto" che era stato accessoriato con una fitta trama aerea di antenne e di cavi elettrici.
Dal luglio al dicembre del 1902 lo scienziato svolse, a bordo di questa unità navale, una storica campagna scientifica, spostandosi anche nel Mare del Nord, nel Baltico, nell'Atlantico e nel Mediterraneo.
Con i suoi esperimenti riuscì perciò a dimostrare che regolari comunicazioni radiotelegrafiche potevano avvenire tra la sua nave e le stazioni a terra, anche a grandi distanze e con l'interposizione di zone montagnose.
Marconi fu più volte ospite alla Spezia perché L'Arsenale era un'ottimale base di appoggio per verificare e perfezionare le sue apparecchiature.
Il 26 settembre del 1912 fu anche protagonista di un serio incidente stradale, nei pressi di Borghetto Vara, mentre stava viaggiando con la moglie alla volta di Genova. Scontratosi con un'altra autovettura, che stava procedendo in direzione opposta, riportò importanti ferite alla testa e, per questo motivo, venne poi trasportato all'ospedale militare della Spezia.
Nell'incidente aveva subito una grave contusione oculare tanto che il 18 ottobre dovette essere sottoposto ad una operazione per estirpare l'occhio destro.
Maggiori dettagli sugli esperimenti compiuti alla Spezia da Marconi
● La nave Stella Polare donata all'Arsenale Marittimo
Il 26 gennaio del 1901 arrivò in Arsenale la nave "Stella Polare" con la quale Luigi Amedeo di Savoia, Duca degli Abruzzi, insieme ad altri ardimentosi compagni, effettuò una celebre spedizione polare artica.
Dal luglio del 1899 al settembre del 1900 l'imbarcazione navigò attraverso l'Arcipelago Francesco Giuseppe e riuscì a toccare la latitudine più alta mai raggiunta da una nave (82° e 4'). Poco dopo una spedizione partita dalla nave e comandata da U. Cagni si spinse ancora più a nord, toccando la latitudine 86° e 34'.
Il Duca degli Abruzzi, al ritorno dai ghiacci polari, decise di donare la storica nave all'Arsenale Marittimo della Spezia affinché vi fosse conservata come cimelio della eccezionale impresa. Per l'occasione vennero preparati nel Golfo dei vistosi festeggiamenti. L'avvenimento fu celebrato anche per le strade della città dove, la sera del 26, si svolsero cortei e fiaccolate in onore dei reduci della spedizione che erano presenti alla Spezia.
Purtroppo la Stella Polare andò distrutta parecchi anni dopo. Si salvarono solamente alcuni cimeli che vengono conservati nel Museo Navale.
● Nel 1922 lo scoppio della polveriera di Falconara
Il 29 settembre del 1922, alle ore 3 del mattino, durante un temporale un fulmine cadde sulla polveriera di Falconara presso Pitelli determinando lo scoppio delle 1500 tonnellate di munizioni ed esplosivi che vi erano custoditi. Il Forte di Falconara era diventato un deposito di polveri ed artiglieria al termine della Grande Guerra.
Lo spostamento d'aria fu impressionante e la deflagrazione lanciò a grande distanza un'enorme massa di terra e pietrame che poi ricadde in un vasto raggio dalla polveriera colpendo abitazioni, terreni, strade e persone.
Il disastro provocò danni simili a quelli di una bomba atomica. Si contarono subito 150 vittime ed un centinaio di feriti, alcuni dei quali morirono in seguito alle gravi lesioni riportate.
Le zone maggiormente colpite furono quelle di Muggiano, Pitelli e San Terenzo, ma tantissimi altri territori del Golfo riportarono sofferenze. Il boato fu talmente potente da essere udito anche in Lunigiana. L'enorme massa d'aria spostata riuscì a rompere perfino i vetri di alcune case di Ortonovo.
A causa della pioggia torrenziale tutto il comprensorio vicino alla polveriera venne ricoperto da una spessa fanghiglia giallastra. Nel luogo dove sorgevano i possenti bastioni restò un largo e profondo cratere, come il cono di un vulcano.
La disastrosa esplosione suscitò vasta eco in tutta l'Italia. Nelle zone colpite da questa immane tragedia il 24 maggio del 1923 arrivò in visita anche Vittorio Emanuele III. Il re raggiunse Lerici e San Terenzo a bordo di una torpediniera partita dalla Spezia.
Lungo la strada che da Pitelli porta ad Arcola ancora oggi si può vedere, perfettamente conservato, uno dei grandi massi che raggiunsero quella zona. Sopra vi è stata apposta una targa commemorativa della Pro Loco la quale ricorda che un sasso più piccolo arrivò al Pin Bon e fu riutilizzato per costruire il muro di cinta di una casa.
Nell'epigrafe si legge anche che, rispetto a San Terenzo, Pitelli subì danni minori e pertanto i contributi governativi arrivarono con un certo ritardo. Grazie ad una sottoscrizione pubblica la città di Genova raccolse dei fondi con i quali venne ricostruita a nuovo la locale scuola elementare, in uso ancora oggi, che per l'occasione venne intitolata "A Genova".
● La Spezia aveva i propri stabilimenti balneari...
Un tempo, quando ancora l'acqua del mare conservava una certa purezza, La Spezia aveva i propri stabilimenti balneari, non diversamente dagli altri centri della riviera ligure. Cominciò ad averli nella seconda metà dell'Ottocento e li conservò per circa un centinaio di anni, finché scomparvero ad uno ad uno per i più svariati motivi. Gli spezzini cessarono così di fare il bagno nel mare di casa e diventarono clienti di altre località balneari, vicine e lontane.
I bagni del passato si protendevano in mare come pontili ed erano sorretti da palafitte, come le abitazioni degli uomini primitivi. Costruiti in legno stagionato, avevano ingressi eleganti e facciate scenografiche (archi, fregi, balaustre, pinnacoli), rotonde e luoghi di ritrovo, lunghe file di cabine, scalette e trampolini, nonché spiaggette artificiali con tanto di sabbia.
Tra i loro nomi citiamo: lo stabilimento balneario "Selene"; lo stabilimento "Bagni Eden e Nettuno"; lo stabilimento balneario "Iride".
I clienti raggiungevano i bagni in carrozza, finché non ci fu la comodità del tram. Nello stesso tratto di costa non mancavano i bagni popolari, zone di mare libero, senza sabbia, senza palafitte, senza cabine.
Gli spezzini amavano fare il bagno e prendere il sole al Porto Nuovo, a Fossa Mastra (Fossamastra), al Canaletto...
● Conosciuto anche come il «Golfo dei Poeti»
La decisione di trascorrere l'estate del 1822 a San Terenzo fu presa dal poeta Percy Bysshe Shelley quando si trovava a Pisa con la moglie Mary Godwin e il figlio Percy Florence, nato durante il soggiorno della coppia a Firenze. Poiché la stagione era molto calda, temendo che il bimbo potesse soffrirne, gli Shelley decisero di trasferirsi a San Terenzo dove due loro amici (Edward e Jame Williams), conosciuti nella città toscana, avevano preso in affitto la casa Magni (oggi chiamata "Villa Shelley").
Dal portico di quella abitazione il poeta ammirò, come da un palco di proscenio, i grandi spettacoli della «baia divina» di Lerici, l'antico gregge, popolano e nobile, delle case di San Terenzo ove amò sognare e scrivere all'ombra di un leccio.
GOLFO DELLA SPEZIA - Lerici, Portovenere e le isole poco prima di un temporale

LERICI - Panorama prima di un temporale

«La scena era davvero di una bellezza inimmaginabile. La distesa azzurra delle acque, la baia quasi del tutto circondata dalle coste, con il vicino castello di Lerici che la chiude a est, e Porto Venere a ovest in distanza...»

Percy Bysshe Shelley

Da lì, molto spesso, dava vento alle vele della sua imbarcazione per vagabondare nelle acque del golfo. Fece così anche il primo luglio del 1822, quando con lo schooner Ariel salpò alla volta del porto di Livorno per non tornare mai più. Infatti, dopo avere soggiornato a Pisa da alcuni amici, l'8 di luglio intraprese il viaggio di ritorno assieme a Edward Williams ed un giovane mozzo, ma venne sorpreso da una tempesta che causò l'affondamento della sua barca.
Benché sconsigliato dagli amici, Shelley aveva voluto ugualmente prendere il mare, ma le onde erano ben presto diventate troppo grosse per il suo leggero natante.
I tre annegarono nella acque della costa tra Migliarino Pisano e Torre del Lago e il corpo del poeta venne dissotterrato il 16 di agosto ed identificato da Byron ed altri amici. Gli stessi provvidero al rito della cremazione e alla raccolta delle ceneri che vennero poi tumulate a Roma.
George Gordon Byron fu un altro dei poeti che rimasero ammaliati dalle bellezze naturali del Golfo della Spezia anche se, nella baia di Lerici, abitata un tempo da semplici pescatori (lontani perciò dal mondo culturale e dell'arte), diventò popolare soprattutto per le sue doti di nuotatore.
Si tramanda che un giorno avesse attraversato l'intero golfo spezzino, nuotando da Portovenere fino alla riva di San Terenzo, dove alloggiava il suo amico Shelley. Leggenda o non leggenda, in memoria di questa impresa (veramente ardita per l'epoca), ogni anno si svolge nelle stesse acque un'importante gara natatoria, la "Coppa Byron".
Grafica titolo testo  Il Premio "Lerici Pea"

Il Premio “Lerici Pea”, giunto nel 2016 alla sua sessantaduesima edizione, è oggi riconosciuto come uno dei Premi di poesia maggiormente rappresentativi nel panorama letterario nazionale ed internazionale.
Diffondere, promuovere e valorizzare la poesia in Italia e nel mondo è il fine degli organizzatori, che grazie all'esperienza sempre più consolidata della Proprietà e al fondamentale apporto di una giuria di comprovata professionalità, continua anno dopo anno nel perseguire questa missione, organizzando una manifestazione strutturata in più appuntamenti.
Il Premio nacque fra il 1952 e il 1954 per volontà di Renato Righetti, Giovanni Petronilli e Marco Carpena, ai quali si aggiunse presto Enrico Pea; dal 1985 il Premio venne gestito da Alberta Andreoli, intellettuale milanese, sino al 1996, mentre dal 1998 ad oggi, sono proprietari del Premio: Adriana Beverini, Mayda Bucchioni, Lucilla Del Santo, Pier Gino Scardigli, Pia Spagiari.
Il Premio ha goduto, negli anni, del Patronato del Presidente della Repubblica Italiana ed è sostenuto dalla Regione Liguria, Fondazione Cassa di Risparmio della Spezia, Comune di La Spezia, Comune di Lerici.
Le Sezioni del Premio sono attualmente 5: Edito, Liguri nel Mondo, Paolo Bertolani, Lucia Roncareggi e la Sezione forse più nota a livello internazionale, conosciuta come Premio alla Carriera.

Fonte: Segreteria del Premio - segreteria@lericipea.com
Nel 1933 il poeta Marinetti sfidò tutti i poeti d'Italia sul tema «Golfo della Spezia». Una giuria composta da Vittorio Orazi, Enrico Prampolini, Fillia, Angiolo Mazzoni e Manlio Costa esaminò attentamente le opere inviate da 22 poeti italiani che avevano accettato la sfida. I giudici, compiacendosi del valore letterario di molti tra questi poemi, ne scelsero 14 per la declamazione comparata che ebbe luogo al teatro Civico della Spezia il 3 e 4 ottobre.
Il 9 ottobre la giuria per la sfida poetica lanciata dall'accademico Marinetti per la glorificazione del Golfo della Spezia, proclamò vincitore assoluto lo stesso Marinetti per il poema «Meriggio del Golfo della Spezia». I giudici ritennero inoltre ammirevoli per originalità, sintesi e ispirazione, classificandoli primi in ordine di merito, i poemi di Corrado Govoni, Farfa, Giuseppe Steiner, Ignazio Scurto e Renato Righetti.
● Il Palio del Golfo
E' una gara remiera che si svolge alla Spezia nella prima domenica del mese di agosto. Alla sfida, che avviene all'interno della diga foranea, nel tratto di mare compreso tra il Molo Italia e la Passeggiata Morin, prendono parte le tredici borgate che si affacciano sul Golfo: Tellaro, Lerici, Venere Azzurra, San Terenzo, Muggiano, Canaletto, Fossamastra, CRDD (Circolo Ricreativo Dipendenti Difesa), Cadimare, Marola, Fezzano, Le Grazie e Portovenere.
Fino al 1961 partecipava alla competizione anche l'armo di Bocca di Magra
PALIO DEL GOLFO 2008 - L'armo del Tellaro (n.11) vira durante la sfilata pre-gara lungo il Molo Italia stracolmo di gente

PALIO DEL GOLFO - Sfilata degli armi

(frazione di Ameglia) che in seguito non è più sceso in acqua a causa della cessazione dell'attività sportiva.
Il «Palio» è costituito da un drappo che su un lato porta gli stemmi araldici dei comuni di Lerici, La Spezia e Portovenere e sull'altro la figura di San Venerio, patrono del Golfo. La borgata vincitrice lo conserva per
un anno nella sua sede sportiva.
Le origini del Palio risalgono a quando i pescatori del Golfo si sfidavano tra loro con le imbarcazioni utilizzate per il lavoro quotidiano. Semplici gozzi liguri che si tentava di far arrivare primi a terra, con tutto il pescato, onde avere la precedenza nello scarico e, di conseguenza, fruire di possibili maggiori guadagni. La prima gara remiera documentata risale al 1925.
Altri tempi perché oggi le imbarcazioni (a sedile fisso) in gara sono opera di veri e propri artisti dello scafo, che le rendono molto sofisticate e ricercate. Il confronto tecnologico e la competizione tra progettisti, costruttori e scuole di marineria sono ai massimi livelli, anche perché i vogatori si allenano duramente e concentrano in poco più di dieci minuti l'attività di tutta una stagione.
Grafica titolo testo  Borgate vincitrici del Palio negli anni duemila
2000 - Marola 2009 - Canaletto 2018 - Fezzano
2001 - Marola 2010 - Cadimare 2019 - Cadimare
2002 - Marola 2011 - Muggiano 2020 - Non disputato
2003 - Marola 2012 - Lerici 2021 - Fossamastra
2004 - Fezzano 2013 - Marola 2022 - Fezzano
2005 - Marola 2014 - Le Grazie 2023 - Fezzano
2006 - Marola 2015 - Fezzano  
2007 - Cadimare 2016 - Marola  
2008 - Muggiano 2017 - Lerici  
Dati riferiti alla categoria "seniores"
In aggiunta alla categoria seniores, dal 1964 c'è un'apposita gara anche per le giovani leve (juniores) e dal 1995 scendono in acqua anche gli equipaggi femminili. Completano il programma altre sfide minori che possono variare di anno in anno.
Il Palio si disputa nell'ambito della "Festa del Mare" ed è preceduto da una sfilata allegorica lungo alcune vie cittadine cui prendono parte molti residenti nelle varie borgate. Nella serata del dopogara va in scena un grande spettacolo pirotecnico che illumina tutto il circondario. Per questo motivo, al di là del fatto agonistico (sicuramente il più sentito dagli spezzini), il Palio del Golfo è diventato il punto centrale di tutta una serie di attività folcloristiche e di riscoperta degli usi e costumi locali.
● Nel 1906 arrivò alla Spezia il circo di Buffalo Bill
Il 17 marzo del 1906 La Spezia respirò il clima del Far West e si trasformò in una città di frontiera. Arrivò infatti nel Golfo un grandioso circo equestre per il cui trasporto furono necessari quattro treni speciali. La carovana era composta da 1300 uomini e cavalli più un centinaio di indiani della tribù dei Sioux. L'organizzatore di questo fantastico spettacolo era il Colonnello Cody, meglio conosciuto come Buffalo Bill, il leggendario cacciatore di bisonti, il tiratore infallibile, l'eroe di tante avventure.
Costui, dopo aver fatto da guida sulle assolate piste delle praterie alle carovane dei pionieri e agli squadroni della cavalleria americana, aveva deciso di guidare (sulle meno pericolose e più remunerative piste europee) uno spettacolo viaggiante che richiamava al selvaggio West.
Come annunciato da una locandina dell'epoca, tra i "cavalieri più audaci del mondo" non c'erano solo americani ma anche asiatici, africani e i cosacchi della steppa.
La sera del 17 marzo un migliaio di spezzini assistette a danze di guerra, ad attacchi alle diligenze e alle carovane, alla fedele riproduzione della battaglia di "Little Big Horn", l'ultimo combattimento del Generale Custer. Naturalmente il più ammirato fu Buffalo Bill, mentre centrava una serie di bersagli sparando da un cavallo lanciato al galoppo.
Per la cronaca i posti a sedere costavano una lira e venti centesimi, i posti riservati cinque lire.
● Nel 1910 transitò nel golfo Theodore Roosevelt
Alle ore 8,31 del 7 aprile 1910 giunse alla stazione ferroviaria della Spezia, proveniente da Roma, l'ex presidente degli Stati Uniti Theodore Roosevelt. Ad accoglierlo c'erano il sindaco dott. Di Negro e il sottoprefetto conte Bardessone i quali invitarono l'illustre ospite a soffermarsi per un giorno in città.
Inizialmente l'ex presidente si disse dispiaciuto di non poter accettare l'invito perché intendeva ripartire immediatamente in carrozza verso Genova per poter ammirare l'incantevole panorama della Riviera Ligure di Levante. All'uscita della stazione l'attendeva già un landeau a tre cavalli.
Roosevelt però cambiò idea perché la moglie voleva dare un sguardo alla città e quindi, accondiscendendo a questo suo desiderio, accettò di servirsi della carrozza di gala, messa a sua disposizione dal sindaco, per poi recarsi all'Hotel di Malta.
In albergo i coniugi Roosevelt si affacciarono ad una finestra della loro
LA SPEZIA - Panoramica di Piazza Europa con Cattedrale di Cristo Re

LA SPEZIA - Piazza Europa

suite, da dove si poteva godere di una splendida vista sul Golfo della Spezia, indi scesero nel gran salone da pranzo e presero posto in un tavolino d'angolo, sempre vicino ad una finestra panoramica. La signora Roosevelt venne omaggiata con un bellissimo mazzo di viole che mostrò essere di suo gradimento.
Alle 10,45, gli illustri ospiti, ossequiati dai
presenti e salutati con affetto dalla popolazione affollante le adiacenze dell'albergo, salirono in carrozza per dirigersi verso Sestri Levante, dove l'ex presidente Usa aveva intenzione di soffermarsi prima di proseguire il suo viaggio verso Porto Maurizio.
Theodore Roosevelt fu il 26° presidente degli Stati Uniti d'America e tuttora è la persona più giovane ad aver ricoperto tale carica. Venne infatti eletto il 14 settembre 1901, quando aveva 42 anni, essendo nato a New York il 27 ottobre del 1858. Nel 1906 ricevette il premio Nobel per la pace.
Il suo volto è uno di quelli scolpiti sul celebre monte Rushmore, dove compare assieme a quelli di George Washington, Thomas Jefferson e Abraham Lincoln.
La consorte che lo accompagnava in questo viaggio in Liguria era Edith Kermit Carow, sposata in seconde nozze a Londra nel 1886, dalla quale ebbe cinque figli. La prima moglie era scomparsa in giovane età a causa di una grave malattia.
● Portovenere e Lerici, le due perle turistiche
PORTOVENERE - Fu un probabile scalo delle triremi romane e poi della flotta bizantina. Come base fortificata divenne importante soprattutto a partire dal XII secolo, allorché i signori di Vezzano Ligure la cedettero ai Genovesi. In quell'epoca l'abitato e il «castrum vetus», arroccati sulla punta di San Pietro, vennero cinti con nuove costruzioni difensive e prese corpo un nuovo borgo, tagliato al centro dal «caruggio», tuttora esistente. Durante il dominio genovese venne edificata anche la grande Chiesa di San Lorenzo e creata una nuova potente difesa costituita dal Castello superiore, giunto fino ai nostri giorni con le fattezze del XVI secolo e gli ampliamenti dei secoli XVII e XVIII. Con la cortina delle sue case-torri, con le mura che cingevano il borgo, con il Castello e le difese naturali, costituite dai dirupi rocciosi, Portovenere fu considerata per lungo tempo una fortezza inespugnabile. Rimase tale finché non divennero sempre più diffuse e micidiali le bocche da fuoco. In epoca napoleonica il Castello venne declassato ed adibito a prigione.
La Chiesa di San Lorenzo risale al XII secolo e conserva la «trave delle reliquie», un'asse in cedro del Libano lunga circa tre metri e profondamente incavata. Secondo la tradizione il mare la sospinse prodigiosamente fin sulla costa di Portovenere dove spiaggiò nel 1204. Il suo incavo custodiva preziosi oggetti sacri (un vero tesoro) e reliquie della Terrasanta, tra le quali figuravano le ossa di San Pacomio, il fellah copto vissuto in Egitto nel IV secolo, che è considerato un fondatore del cenobitismo.
Sull'estrema punta del promontorio si erge la piccola Chiesa di San Pietro, che presenta uno stile gotico-genovese ed è stata costruita nel XIII secolo su preesistenti edifici che si ritiene possano essere stati una chiesa paleocristiana, un'antica abbazia o forse i resti di un tempio pagano.
La dedica a San Pietro, pescatore di Cafarnao e principe degli Apostoli, è associata al fatto che tantissimi abitanti di Portovenere, fino ai primi decenni del Novecento, hanno sempre vissuto solo con i proventi della pesca. La località era il regno delle reti ed il mare, pescosissimo sia dentro che fuori dal Golfo, consentiva, molto spesso, catture abbondanti di svariate qualità di pesci, crostacei e molluschi. Nella bassa stagione l'abbondanza delle prede faceva si che pescatori di altre zone si trasferissero in loco per molte settimane o addirittura mesi.
IL BORGO DI LERICI - E'di origini antichissime e, nei primi secoli dopo Cristo, era già abitato da popolazioni liguri dedite alla pesca. Le prime notizie certe risalgono solo al secolo VIII quando i pirati saraceni, durante una loro scorribanda, distrussero la chiesa dedicata a Santa Maria. Nel 1152 il nome di Lerici comparirà in un atto ufficiale col quale i signori di Vezzano vendettero il borgo ai genovesi, nonostante l'opposizione dei Malaspina, tradizionali alleati di Pisa. Da quel momento Lerici acquistò un elevato valore strategico nella lotta tra le due repubbliche marinare per il dominio sull'alto Tirreno.
Nel 1241 la sconfitta di Genova all'isola del Giglio lo riportò sotto il dominio pisano; il borgo venne cinto di mura difensive e dotato di un Castello che costituisce tuttora il suo principale simbolo. Nei secoli successivi il borgo fu protagonista di alterne vicende che lo videro sballottato tra vari domini: dapprima tornò sotto Genova, diventando un baluardo della Repubblica, alla quale si succedettero: i Visconti, i Fieschi, i francesi, i fiorentini, gli Aragonesi, i Fregoso e nuovamente Genova.
Una volta perduta la sua importanza strategico-militare, Lerici rimase per lungo tempo solo un piccolo centro dedito alla pesca e al piccolo commercio.
Agli inizi dell'Ottocento venne scoperto per le sue naturali bellezze ed il clima mite da illustri personaggi, che lo resero famoso in tutto il mondo.
L'antico e pittoresco borgo marinaro, disteso ai piedi del suo storico Castello, ha conservato una struttura medievale ed i vari quartieri sono tagliati dagli stretti «caròbi», assimilabili ai «carùgi» genovesi.
Nella seconda metà dell'Ottocento, quando La Spezia vide sorgere l'Arsenale Militare e il cantiere di San Bartolomeo e il Golfo iniziò ad ospitare vari stabilimenti industriali, le maestranze di Lerici e San Terenzo erano tra le più ricercate per le costruzioni, le riparazioni e i lavori navali in genere. Il territorio lericino era infatti, per tradizione, una culla di gente di mare, non solamente di marittimi e pescatori, ma anche di abili artigiani (maestri d'ascia, calafati ecc.) e di piccoli imprenditori armatoriali.
Al tempo della marineria velica e poi nell'epoca dei bastimenti a vapore, Lerici - da sempre covo di lupi di mare - dette sempre un gran numero di ufficiali e marinai alla Marina Militare, così come tanti furono gli uomini che lavorarono in ambito mercantile come capitani, macchinisti ed altri ruoli di responsabilità.
A Lerici è caratteristico l'Oratorio di San Rocco, costruito nel 1287 dal massaro Palmerino e dedicato ai santi Martino e Cristoforo, come risulta da una lapide posta sul campanile adiacente. L'intitolazione a San Rocco risale al 1524 (anno in cui l'edificio venne anche ingrandito) ed avvenne in segno di ringraziamento della popolazione per essere stata protetta da una grave pestilenza. Verso la metà del XVII secolo iniziò ad ospitare la sede di una confraternita che aveva lo scopo di seppellire e pregare per i morti abbandonati e i naufraghi. Il campanile in stile gotico venne eretto nel XV secolo da maestranze genovesi.
La parrocchiale di San Francesco fu costruita nel 1636 sulle rovine di quella preesistente del Trecento, della quale rimane una colonna marmorea collocata all'inizio del piazzale antistante la chiesa, la statua di San Francesco posta sul portone d'ingresso e le statue dell'Assunta e di San Bernardino che ornano la sagrestia. L'edifico, che presenta una costruzione a croce latina ed una facciata in stile barocco, con tre porte d'ingresso, dal 1980 è anche identificato come Santuario di Nostra Signora di Maralunga.
Il Castello è una delle più ardite fortificazioni militari del periodo medievale. Situato su uno sperone roccioso a sud-ovest del borgo, ha una struttura a pianta poligonale irregolare a causa dei potenziamenti e degli ampliamenti che si sono succeduti nel corso del tempo. L'impianto architettonico e comunque prevalentemente di stile pisano. A est della fortezza è inserita una torre pentagonale in pietra locale, che ingloba una primitiva torre costruita in bozze nere regolari. Le due torri sono collegate tra di loro da una serie di archetti in pietra bianca e nera.
All'interno del corpo principale del castello si trova la Cappella di Santa Anastasia, iniziata dai Pisani e portata a termine dai Genovesi, in forme gotiche, nel 1200.
● San Venerio è il patrono del Golfo della Spezia
Nel 1959 Papa Giovanni XXIII, con una lettera del 24 ottobre, nominò il santo eremita Venerio patrono di tutto il golfo lunense. L'anno successivo, in occasione della ricorrenza della festività di San Venerio, fissata per il 12 settembre, una preziosissima reliquia del santo venne consegnata dall'allora vescovo di Reggio Emilia al vescovo della Spezia per essere conservata in perpetuo nel Golfo. Il capo di San Venerio, contenuto in un prezioso reliquiario, nel 1960 fu trasportato da Reggio Emilia all'isola del Tino con solenni cerimonie. Indi venne spostato a Portovenere e poi trasferito nella pieve di San Venerio. Una nuova collocazione lo vede nella Cattedrale di Cristo Re alla Spezia fino al trasporto finale in un luogo più sicuro.
Nato nell'isola Palmaria nella seconda metà del VI secolo, Venerio fu attratto, ancora giovane, dalla vita dei monaci che vivevano in povertà, meditazione e penitenza, nel vicino monastero di Portovenere.
Fu dapprima un buon marinaio, come in genere tutti gli abitanti delle isole, ma non disdegnò la coltivazione della terra e il traffico fatto per mare nel Golfo e lungo la costa; secondo tradizione popolare, fu lui ad introdurre la
GOLFO DELLA SPEZIA - La Goletta Palinuro transita all'altezza dell'isola del Tino
vela latina nella zona del Golfo, perché la ritenne adatta ai venti che qui soffiano e vengono poi rimandati indietro dalle catene dei monti circostanti.
San Venerio è stato anche il primo fanalista nel golfo della Spezia in quanto era solito accendere fuochi sulla sommità dell'isola del Tino per indicare ai naviganti la via giusta nelle notti di tempesta.
Durante il periodo in cui visse nel monastero di Portovenere fu nominato abate da papa Gregorio Magno e dal vescovo di Luni, Venanzio.
Nella sua vita fu autore di molti prodigi che vennero tramandati dagli agiografi
come dei veri e propri miracoli. La sua attività non fu legata solo al golfo della Spezia infatti, per un certo periodo, si trasferì in Corsica per dare vita a nuove comunità monastiche.
Trascorse gli ultimi anni vivendo in assoluto romitaggio sull'isola del Tino, in preghiera e meditazione, lontano dalle passioni umane fino alla morte, avvenuta presumibilmente nell'anno 630.
La leggenda racconta che furono gli angeli stessi a scendere dal cielo e darvi sepoltura. Più verosimilmente alla sua provvisoria sepoltura provvide il vescovo di Luni (Lucio) il quale fece erigere sul luogo una cappella, ancora oggi meta di pellegrinaggio popolare.
Fonti:
Insieme in Liguria -
Luoghi d'arte, musica e teatro - a cura della Regione Liguria;
Il Secolo XIX - Speciale turismo La Spezia;
La Liguria -
Istituto Italiano Edizioni Atlas SpA;
Il Secolo XIX -
La mia terra;
La Nazione - Album della Spezia - a cura di Giorgio Batini;
La Nazione del 18-08-2019 - Articolo "I 150 anni dell'Arsenale Militare";
Guida insolita... della Liguria - Newton Compton Editori;
Il Secolo XIX - La mia gente;
1886-1896 - Cento anni de "Il Secolo XIX";
Golfo della Spezia - Guida Sagep - Sagep Editrice Genova;
Arsenale Militare della Spezia - Mostra "Da Cavour alla Cavour";
Volume "I cento anni dell'Arsenale Militare della Spezia"
 

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Fotografie, eventi, turismo,
storia e news del territorio...

  Cicloturismo nella Lunigiana Storica

Manuale del cicloturista

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Per la realizzazione delle immagini presentate in questo sito gli spostamenti sul territorio della Lunigiana storica sono stati effettuati con una bicicletta. In questa piccola guida sono state perciò condensate varie esperienze logistiche e tecniche derivanti dall'utilizzo turistico di questo mezzo di locomozione...

Itinerario cicloturistico con
transito nel Golfo dei Poeti

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Si parte da S.Stefano Magra in direzione della Val di Vara per poi toccare il Parco Nazionale delle Cinque Terre e il Golfo della Spezia. E' un percorso a saliscendi e, sulla carta, non ci sono pendenze superiori al 7%. La massima altitudine, poco sopra i 500 metri di quota, viene raggiunta all'inizio della Strada Provinciale n° 51 dei Santuari, lungo la quale si apre un panorama mozzafiato...

Carta della Lunigiana Storica
Una cartina mostra il
territorio, un tempo abitato dai
bellicosi Liguri Apuani, da dove
parte questo sito...

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Liguri Apuani e Statue Stele
Le radici più profonde delle
comunità lunigianesi affondano
fino alle soglie della protostoria.
Mari e monti un tempo erano
occupati dalla bellicosa
popolazione dei Liguri Apuani...

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Tall Ships alla Spezia
Provenienti dalla "Tall Ship's
Race 2007 Mediterranea, da
Alicante a Genova, alcuni fra i
più prestigiosi velieri d'epoca
hanno fatto tappa nel Golfo
della Spezia prima di lasciare
definitivamente il Mar Ligure.

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Festa della Marineria
La biennale manifestazione del
mare, nata nel 2009 alla Spezia,
ha raggiunto il culmine della
popolarità nel 2013 con la
presenza di 35 tra i velieri più
belli del mondo.

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Antiche ricette in Lunigiana
Piatti prelibati di una cucina essenziale, ma non per questo meno saporita. Cibi dal sapore antico che tornano ad imbandire le nostre tavole dopo  essere stati riscoperti a nuova vita.

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Vini DOC delle Cinque Terre
Insieme all'ulivo, la vite è la coltura più antica della Liguria. Il fiore all'occhiello della regione sono i vini delle Cinque Terre, ai quali toccano le prime citazioni storiche, risalenti ai tempi dei romani...

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Alluvioni in Liguria dal 1894
In Liguria i disastri legati al
maltempo sono determinati da
tanti fattori. Alluvioni e
devastazioni operate da corsi
d'acqua impazziti, violente
mareggiate e frane sono da
sempre una costante del territorio...

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Nubifragio del 25/10/2011
Un evento atmosferico di eccezionale portata ha dato luogo a forti precipitazioni nel Levante ligure e nell'alta Toscana. Come conseguenza, le esondazioni di canali, torrenti e fiumi hanno originato una vera e propria apocalisse...

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Liguria regione ad elevato
rischio idrogeologico

Secondo uno studio di
Legambiente in Liguria sono
molti i territori che risultano
fragili ed esposti ad un elevato
rischio idrogeologico...

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TELLARO - Alcuni versi su una targa marmorea per ricordare Eoa Rainusso "A mèstra de Teàe" (la maestra di Tellaro), educatrice e poetessa

...L'eterna canzone del mare
si snoda nel bacio del sole
in faccia a Palmaria lontana
al Tino di mare fluttuante.
(Eoa Rainusso)

 
La ricette del Golfo
La cucina della Spezia, un po' come quella di tutta la Liguria, è sostanzialmente semplice, fatta con ingredienti poveri, molto spesso di produzione locale, ma sicuramente genuina e saporita.
La «mesciüa» è con tutta probabilità la ricetta spezzina più famosa a livello nazionale, un piatto che nasce dalla mescolanza di legumi e cereali più conosciuti (fagioli, ceci, grano ecc.), prodotti essenziali dell'agricoltura e ingredienti tipici dell'alimentazione mediterranea.
Una "mescolanza" in cui sembra essere riassunta la realtà materiale dei Liguri che non furono solo pescatori, marinai, olivicoltori, ortolani ma che tutti quei ruoli interpretarono insieme per vivere.
Tradizione vuole che la mesciüa un tempo fosse il cibo abituale degli scaricatori del porto i quali recuperavano per cucinarli i prodotti agricoli che potevano fuoruscire accidentalmente dai sacchi movimentati.
 
La mesciüa
Ingredienti per 4 persone
500 gr. di ceci secchi; 250 gr. di fagioli cannellini secchi; 150 gr. di grano farro, olio extravergine di oliva, pepe nero e sale quanto basta.
Si mettono a bagno in acqua abbondante i ceci, almeno 12 ore prima di cuocerli; la stessa cosa si fa per i cannellini, ma soltanto per un paio d'ore e il grano farro per trenta minuti.
Si fanno bollire i ceci ben scolati in abbondante acqua salata per almeno un'ora, poi si aggiungono i cannellini scolati e si fanno bollire per circa 20 minuti assieme ai ceci. A questo punto si aggiunge il grano farro e si lascia cuocere il tutto per un altro quarto d'ora.
Si assaggiano i tre ingredienti per portarli alla giusta cottura, considerando che il grano deve rimanere un po' al dente.
La mesciüa va servita in terrine fonde, versandovi sopra olio extravergine d'oliva e pepe nero macinato al momento.
 
La Spezia, pur essendo vissuta per molti anni sulla produzione e il commercio del sale, sulla pesca e sulla vendita di prodotti ittici del Golfo, non ha una grande varietà di piatti a base di pesce fresco, se si escludono le acciughe e i mitili (muscoli). La loro cucina avviene friggendoli, unendoli a dei ripieni, in bianco, marinati o conservati sotto sale e olio.
 
Acciughe alla Spezzina
Ingredienti per 4 persone
500 gr. di acciughe appena pescate; 300 gr. di patate; 200 gr. di pomodori freschi, pelati e privati dei semi; 1 spicchio d'aglio; 1 cucchiaio di origano; 8 cucchiai di olio extravergine di oliva; una manciata di prezzemolo e sale quanto basta.
Sbucciare le patate e tagliarle sottilmente. Ungere una teglia di media grandezza e stendervi le patate in uno strato uniforme.
Decapitare e diliscare le acciughe; lavarle e stenderle sopra le patate.
In una terrina preparare una salsa con parte dell'olio, l'origano ed un trito d'aglio e prezzemolo; salare leggermente.
Cospargere le acciughe con questa salsina, aggiungendo anche i pomodori tritati grossolanamente. Condire il tutto con l'olio rimasto e passare al forno per 30 minuti ad una temperatura di 200°.
 
Va menzionata anche la grande famiglia del baccalà e dello stoccafisso, quest'ultimo preparato in molte versioni, quasi sempre in umido, come le seppie.
Un cenno particolare deve però essere fatto alla zuppa di datteri (piatto eccelso in quel di Lerici e Portovenere) e alle frittelle o frittata di bianchetti «gianchetti», le cui consumazioni sono di fatto impedite dalle leggi vigenti. Per i primi la raccolta in mare aperto è proibita. Ci sono in atto alcuni tentativi di coltivazione artificiale che, al momento, stanno producendo scarsi risultati. La pesca dei industriale dei bianchetti è invece vietata da un regolamento europeo entrato in vigore nel 2006. Una deroga potrebbe essere concessa per il novellame destinato al consumo umano, ma l'Italia non ha ancora un piano di gestione approvato dalla Commissione Europea.
 
I fantasmi di Sem Benelli
Quando giunse il successo inatteso de «La cena delle beffe» in pochi si chiesero dove e come il poeta drammatico Sem Benelli avesse messo nero su bianco quel testo fino a farlo divenire rappresentabile.
Va perciò ricordato che i fantasmi del suo sogno d'autore vennero fermati su carta a San Terenzo, fra le mura di quella che viene chiamata la «Torretta dei Poeti», nel vasto parco di Villa Marigola. Sulla facciata di questa torre ottagonale, spicca dal 26 agosto 1953 una lapide che recita così: "In questa torre, allora solitaria e nuda, a lungo dimorò Sem Benelli che al cospetto del Golfo mirabile maturò il suo estro creatore. Dal cupo recesso, dall'onda sommossa, dal multiforme cielo, trasse tormentate figure cui seppe dare non effimera vita, su quel palco incantato dove i sogni dell'arte son vita, perché la vita è sogno".
Dopo quel periodo, Sem Benelli scelse come residenza definitiva la cittadina di Zoagli, a testimonianza del suo profondo amore per la Liguria. Ma non dimenticò mai gli anni della «Torretta» e un giorno confidò ad un amico che, a Parigi, dopo la prima della Cena delle Beffe (un vero trionfo), tornando in albergo pianse come un bambino ricordando quel proficuo periodo.
Il poeta scomparve a Zoagli nel dicembre del 1949, lasciando un ricordo indelebile nella comunità locale la quale, per altro, gli aveva sempre dimostrato affetto ed ammirazione.
Nella sua stanza funebre ci fu una vera processione di ammiratori, letterati, personaggi illustri, artisti, tra i quali lo scultore Italo Primi che fece la maschera del poeta.
Qualcuno lesse ad alta voce il telegramma fatto pervenire dal Presidente della Repubblica, Luigi Einaudi: "Con la scomparsa di Sem Benelli tace una voce che nel teatro italiano ha avuto profonda risonanza per novità d'ispirazione e di ritmi. Mentre il Paese piange la memoria del poeta, tengo ad esprimere ai famigliari il mio personale cordoglio".
 
LERICI - Sul lungomare una targa con versi poetici di Francesco Tonelli

A Lerici
...un muro di vento azzurro
ci separa dal mondo

(Francesco Tonelli)

...un mur de vent blu ciel
nous separe du monde

...a blue wind wall
divides us from the world

...eine mauer von blauem wind
trennt uns von der welt

... un muro de viento azul
nos separa del mundo

LERICI - Piazza Marconi con scorcio su Piazza Garibaldi  
 
Vita beata a S.Terenzo
Paolo Mantegazza, fu un grande antropologo, patologo, igienista, che scrisse numerose pubblicazioni scientifiche e fondò la prima cattedra italiana di antropologia e il museo antropologico ed etnologico di Firenze. Deputato e senatore, trascorse lunghi periodi della sua vita a San Terenzo, di cui amò e divulgò sempre le bellezze.
Un giorno, alla richiesta di dove fosse e cosa rappresentasse per lui San Terenzo, l'illustre uomo di scienza così rispose: "E' uno dei più belli e cari paradisi che nasconde nelle sue coste quel mare, in cui sono nate due cose grandi e belle: la civiltà greco-latina e Venere; che è come dire le due più grandi gioie della vita umana: la scienza e l'amore.
San Terenzo è un nido nascosto fra due oceani azzurri, quello del cielo e quello del mare; nessun bagno vi è di più poetico, più fresco, più adamantino; è come tuffarsi nello zaffiro liquido.
L'aria non vi è mai troppo fredda nell'inverno, nè troppo calda nell'estate: è un alternar sempiterno di tiepide frescure e di freschi tepori, che incanta, che solletica, che innamora.
Le palme, i cedri, le rose vi crescono e vi prosperano come in casa propria. Ed io, modesta e fragile pianta umana, vi prospero da un quarto di secolo, sperando di prosperarvene un altro quarto. Ecco cos'è e dov'è San Terenzo..."
 
Pescare con la sciabica
San Terenzo è sempre stato un attivo centro di pescatori. Nel corso dei secoli la maggioranza dei santerenzini ha trascorso la propria vita sulle barche, vivendo con i proventi del mare. Un particolare tipo di pesca, utilizzato con un certo successo dai vecchi pescatori locali, era la «sciabica». Questo metodo prevedeva che la mattina presto, o al tramonto, le reti venissero distese circolarmente nella baia, assicurate a dei canapi. Trascorso un certo tempo, i pescatori iniziavano lentamente a ritirare le funi, camminando a ritroso sulla riva. Le reti erano dotate di un grosso sacco centrale dove andavano a finire le prede, in un grande ribollire di schiuma. Una volta trascinati a terra i pesci, ancora guizzanti, venivano raccolti in grandi ceste dalle donne del luogo.
In epoche passate la «sciabica» non era solo un fruttuoso sistema di pesca ma anche un pittoresco ed emozionante spettacolo. Specialmente nella stagione estiva, il lento avvicinarsi delle reti richiamava sulla spiaggia numerosi villeggianti, incuriositi dal balenio argenteo che le catture provocavano sulle acque. Sulla riva erano presenti anche piccole folle di ragazzini, dotati di secchielli, ai quali i benevoli pescatori consentivano di portare a casa le prede di minore importanza.
 
Il dialetto spezzino
Paolo Bertolani, nato nel 1931 e scomparso il 19 febbraio 2007, era un poeta che amava scrivere versi di rara bellezza alternando la lingua madre con il dialetto della "Serra", una piccola frazione collinare alle spalle di Lerici, dal quale la vista spazia su buona parte del Golfo della Spezia.
Poeta di terra, piuttosto che di mare, le sue rime hanno decantato la vita semplice ma preziosa della campagna, in cui vive un'umanità che si è sempre ribellata alla miseria e alle sofferenze.
Qui sotto una piccola ode che richiama al suo amato borgo...
 
Cos'èi chi vorià die 'stó nome -
Sèra - che 'n dialèto g'è 'n bòtiro
che 'n bóca i se sfa?
Mai na vota ch'a l'àvia dimandà.
(......)
De pu me 'mprémia
savée (e tanto pu der die)
che chì a son ciamà,
giutà a vive, a moìe.
 
Cosa vorrà dire questo nome -
Serra - che in dialetto è un burro
che in bocca si scioglie?
Mai una volta che l'abbia domandato.
(...)
Di più mi importa
sapere (e tanto più del dire)
che qui sono chiamato,
oltre che a vivere, a morire.
 
Lerici saluta Genova
Nel 1923, in seguito al provvedimento governativo che distaccò dalla provincia di Genova il Circondario di Spezia per costituirlo in provincia autonoma, il sindaco di Lerici, in unione al Consigliere Provinciale di quel mandamento, ing. G.B. Bibolini, inviò alla deputazione provinciale genovese il seguente telegramma: "Lerici, per secoli estremo baluardo della Repubblica Genovese, chiamata oggi dal Governo Nazionale a far parte della nuova Provincia della Spezia, manda il più affettuoso memore saluto a Genova Gran Madre della gente ligure".
La Presidenza della Deputazione Provinciale di Genova rispose al sindaco di Lerici e al suo Consigliere Provinciale col seguente telegramma: "Genova Madre ricambia Lerici bella e generosa, avanguardia del mare e del nome ligure, fedele nei secoli, il saluto del comune affetto che vive sopra ogni vicenda e oltre tutti i confini".
Da "Il Secolo XIX" del 5-9-1923
 
LERICI (Presepe vivente) - Per tradizione la reggia di Re Erode è ospitata nel castello di San Giorgio
Presepe vivente a Lerici
La Natività che va in scena nella perla del Golfo dei Poeti è unica nel suo genere. Infatti la Sacra Famiglia arriva dal mare, trasportata su un antico leudo messo a disposizione dalla Società Marittima di Mutuo Soccorso.
La rappresentazione trova poi la sua completezza lungo la salita che porta al Castello di San Giorgio che, per tradizione, ospita la reggia di Re Erode.
Nella parte medievale della città le scenografie vedono protagonisti circa 300 figuranti, locali e non, che in costume storico danno vita agli antichi mestieri e offrono i prodotti tipici locali ai tanti visitatori presenti...
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TOLTE DAL CASSETTO - Finestre fotografiche su Liguria e Toscana
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