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La "Grande Inter"

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STADIO/CORRIERE DELLO SPORT del 12 luglio 1982 - L'Italia campione del mondo

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Col Giubileo del 2000 è stata
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A Gennaio 2008 il Parco Naturale
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Tra la punta di Portovenere e il Capo Corvo si apre una delle più profonde insenature di tutto il litorale occidentale italiano, declamata nei versi di illustri poeti e nella quale è incastonata La Spezia, città sede di porto militare e mercantile, che oggi è anche punto di attracco per le navi da crociera...

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Cinque borghi marinari il cui destino è sempre stato storicamente legato alla terra e all'agricoltura piuttosto che alla pesca. Un paradiso naturale della Liguria che nel 1997 è stato inserito dall'UNESCO tra i Patrimoni Mondiali dell'Umanità...

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Nobili, vescovi, mercanti e pellegrini
lungo l'asse della Via Francigena.
Culture differenti per storia e tradizioni,
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La "Valle dei borghi rotondi"
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Una cartina con note mostra il
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Antiche ricette in Lunigiana
Piatti prelibati di una cucina essenziale, ma non per questo meno saporita. Cibi dal sapore antico che tornano ad imbandire le nostre tavole dopo essere stati riscoperti a nuova vita.

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Ferrovia Aulla-Lucca
Il fascino dei treni d'epoca
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Il comprensorio della fabbrica è un prezioso esempio di civiltà industriale di fine Ottocento e rappresenta un pezzo di storia fondamentale per Santo Stefano Magra e per tutta la Provincia della Spezia. Le aree recuperate vengono oggi dedicate all'arte, allo spettacolo, alla cultura...

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Il dialetto genovese
Le trasformazioni fonetiche avvenute nella parlata di Genova sono un segno inequivocabile del dinamismo espresso dalla città durante i secoli della Repubblica. A Genova il dialetto è una lingua viva, che oggi viene insegnata anche nelle scuole...

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Infiorate del Corpus Domini
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Mezzi da lavoro storici
I raduni e le esposizioni di questi autoveicoli sono un modo per ricordare ed onorare le persone che, in passato, questi mezzi li hanno guidati per mestiere...

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Mezzi militari storici
I più celebri veicoli militari che hanno partecipato alle vicende della Seconda Guerra Mondiale sfilano per strade e piazze e mantengono vivo il ricordo di quei terribili giorni...

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Negli anni '60 occupa la scena del calcio la "GRANDE INTER" di Angelo Moratti
La formazione dell'Inter che vinse il campionato nella stagione 1962-'63
NEL 1963 IL PRIMO SCUDETTO DEL BINOMIO MORATTI - H.H.
Ottavo anno della presidenza Moratti, terzo campionato con Helenio Herrera in panchina. Nel 1961 c'era stato lo scandalo della CAF, con l'Inter al 3° posto; nel 1962 il Milan aveva vinto lo scudetto (nerazzurri secondi) grazie ad una bottiglietta scagliata da un tifoso veneziano sul cranio di David. Il campionato 1962'-'63 si chiudeva invece in bellezza, con la conquista dell'ottavo scudetto della storia nerazzurra.
I successi tardavano ad arrivare e i tifosi cominciavano ad essere impazienti, molto impazienti. In estate Helenio aveva chiesto ed ottenuto Humberto Maschio, argentino, gran regista dell'Atalanta e Jair da Costa, nazionale

brasiliano, riserva del leggendario Garrincha ai mondiali del Cile. L'avvio di torneo non è esaltante: pareggio per 1-1 nel derby, il gioco non c'è, Jair sta fuori perchè i posti riservati agli stranieri sono occupati da Maschio e dall'inglese Hitchens, che viene scambiato col torinese Di Giacomo. A Genova, il 1° novembre avviene il varo della nuova Inter. L'attacco si schiera con Jair, Mazzola, Di Giacomo, Suarez, Corso. Splendida vittoria per 3 a 1. Comincia la galoppata verso lo scudetto, una corsa irresistibile, turbata a fine inverno da una clamorosa sconfitta sul campo di Bergamo. Si tratta però solo di una nuvola passeggera: i nerazzurri ritrovano immediatamente il ritmo e la condizione, avanzando senza incontrare ostacoli. Il "match clou" del campionato va in scena il 28 aprile a Torino. L'Inter batte la Juve grazie ad uno spettacolare gol di Sandro Mazzola (tocco smarcante di Corso e legnata imprendibile all'incrocio dei pali) ed ha la sicurezza matematica di essere campione d'Italia. Angelo Moratti aspettava da otto anni questo benedetto scudetto, l'ottavo nella storia della società, il primo della sua gestione.

LA FORMAZIONE BASE DELL'INTER 1962-'63: Buffon, Burgnich, Facchetti, Zaglio, Guarneri, Picchi, Jair, Mazzola Sandro,
Di Giacomo, Suarez, Corso
TUTTOSPORT del 18 febbraio 1963 - Aspettando il derby della Madonnina, spettacolissimo al Fuorigrotta dove l'Inter travolge il Napoli per 5-1
Campionato 1962-'63 - Spettacolissimo al Fuorigrotta: Napoli-Inter 1-5!
Si è spento nella tristezza il gran gioco dell'attesa napoletana, mentre la folla gridava: "Juve - Juve!". Una partita attesa con speranza e con rabbia da tutta Napoli che s'era preparata ad un grande giorno di festa che aveva riempito Fuorigrotta fino all'ultimo cantuccio e che a sera convertiva in tristezza il fuoco dell'attesa. I nerazzurri, all'ingresso in campo, si sono beccati una fischiata di 55 secondi esatti; ottantamila ad urlare una rabbia piena, cattiva, assordante! L'Inter viene da Milano e da Milano erano venute, proprio alla vigilia, feroci polemiche sulla squalifica di Tacchi, accuse di drogaggio, una campagna di stampa che a Napoli, in questi giorni, aveva acceso gli animi, portando nuovi rancori nela tradizionale incompatibilità fra napoletani e milanesi.

Oggi si vedevano cortei di ragazzini, cento, duecento per volta, aggirarsi nei pressi dello stadio chiedendo la testa di Herrera e gridando che: "L'Inter è nata a Milano ed è morta a Napoli". Ma il Napoli era troppo modesto per realizzare i sogni dei suoi tifosi, troppi uomini mancavano all'appello. E la fortuna, quella benedetta fortuna che sembra debba stare sempre con le grandi, giocava all'inizio qualche scherzetto ai partenopei e li metteva ben presto in ginocchio. Jella, jella nera gridava la gente prima di convincersi che in effetti l'Inter è una grande squadra... Nessun mortaretto alla fine perché i mortaretti sono per i giorni di festa e oggi Napoli era melanconica in quanto i nerazzurri le avevano bruciato tutte le speranze in soli 5 minuti... Negli spogliatoi del Napoli la tristezza è dipinta persino sui muri: i giocatori si sono rivestiti a tempo di primato e sorridono fra i denti perchè lo spettacolo della folla che gridava "Juve - Juve" li ha demoralizzati più di ogni altra cosa, forse più di quei cinque gol al passivo presi in casa loro... Lauro non ha voluto nemmeno scendere negli spogliatoi a salutare i giocatori come ha sempre fatto in precedenza. E' andato via, quasi è scappato... L'allenatore dei napoletani Pesaola ha parlato così dei nerazzurri: "L'Inter indubbiamente è una bella squadra, non si discute; ma qui è passata troppo facile. Il migliore nerazzurro rimane Corso; credo che sia il vero cervello dell'Inter. Ci sono anche altri fuoriclasse ma Corso, per me, è l'uomo più importante dell'Inter di quest'anno."

L'Inter era in formazione tipo come sopra - Napoli: Pontel, Girardo, Gatti, Ronzon, Rivellino, Montefusco, Corelli, Fraschini, Tomeazzi, Canè, Juliano  -  Marcatori: Di Giacomo al 7' e al 10' del primo tempo; Suarez al 3', Corso all'11', Di Giacomo al 14', Fraschini (Napoli) al 18' del secondo tempo  -  Arbitro: Francescon  -  Spettatori: 80.000 circa.
In altra pagina i primi scudetti vinti dall'INTERNAZIONALE di Milano
SUPERSPORT - Supplemento speciale dedicato alla stagione 1965 dell'Inter, vincitrice del Campionato e della Coppa Campioni

LA MAGICA INTER DEL 1965 - Questa straordinaria stagione dell'Inter non ha precedenti almeno in Italia. E tanto per i risultati raggiunti, quanto per il modo con il quale sono stati conseguiti. L'accoppiata "Coppaeuropa - scudetto" è già da sola un'impresa sensazionale, tenuto conto che il nostro campionato è assai più scottante, convulso, complesso, imprevedibile di quello spagnolo, dove il Real si può trovare tra i piedi ogni tanto un Barcellona od un atletico che si alternano a mordergli i polpacci riuscendovi... una volta su dieci, e di quello portoghese che il Benfica, di solito, percorre in carrozza. D'altra parte l'Inter potrebbe anche estendere l'impresa ad un "tris", mettendoci dentro anche la Coppa Italia e proiettandosi in tal modo

L'abbraccio fra Angelo Moratti e Helenio Herrera dopo la conquista della Coppa dei Campioni 1965

nel settore internazionale con la partecipazione contemporanea alle due maggiori Coppe europee; e sarebbe davvero un primato assoluto. Un'Inter "pigliatutto", insomma, che negli altri, tanto in Italia quanto all'estero, lascia poche briciole di consolazione. Una società che raccoglie oggi i frutti di una razionale organizzazione impostata cinque anni orsono e di volta in volta perfezionata fino a farne uno strumento di successo infallibile..." -  Suarez ha fatto un'annata eccezionale, è stato l'uomo-chiave del tour de force nerazzurro - "Superato lo scoglio del Benfica, l'Inter ha quasi in tasca il bis mondiale...", affermano i tecnici di tutt'Italia dopo aver visto i nerazzurri "scherzare" con i portoghesi nella... piscina di San Siro. Certo per l'Inter questa volta sarà più difficile sbarazzarsi dell'Independiente. Non tanto per la reale forza degli argentini (che navigano nel fondo classifica del loro campionato) quanto per le proibitive condizioni ambientali in cui i neo-bi-campioni d'Europa saranno costretti a giocare la partita di ritorno e l'eventuale "bella". Il Maracanà insegna che le folle sudamericane sono veramente capaci di annullare anche le più evidenti lacune tecnico-tattiche di una squadra e di inferocirla con successo anche contro un avversario che, sulla carta, vale almeno il doppio... Per questo l'Inter, memore di Glasgow e di Liverpool, dovrà assolutamente evitare il trabocchetto dello spareggio, vincendo a San Siro e strappando sul campo dell'Independiente almeno un pareggio...

E cosi fu... -  (Adattamento da alcune interviste a tecnici italiani e da un pezzo di Aldo Bardelli)
I cammini societari di Angelo Moratti e del figlio Massimo, anche lui diventato presidente, presentano incredibili analogie. Sembra di assistere ad un film già visto, seppur con qualche piccola e logica variante. Quel "tris" che tutti si auguravano arriverà solo dopo 45 anni - il 22 maggio 2010 - quando l'Inter di Massimo Moratti (allenatore Josè Mourinho) a Madrid conquisterà la sua 3a Coppa dei Campioni, dopo aver già vinto campionato e Coppa Italia. Il 18 dicembre 2010 i nerazzurri (allenati da Rafael Benitez) porteranno in bacheca un'altra Coppa Intercontinentale, dopo aver sconfitto per 3-0 il Mazembe (Congo) nella finalissima di Abu Dhabi del Mondiale per Club.
Angelo Moratti assiste alla finale di Coppa Campioni 1965 insieme ai figli Massimo e Gianmarco
La formazione dell'Inter che sconfisse il Benfica nellla finale di Coppa Campioni 1965

"Quel che ci vuol ci vuol: si l'Inter ha
bizogno de un gol fa un gol, si ne ha
bizogno de tre ne fa tre, si avria bizogno
de cinquo ne faria ciertamente cinquo!
Si ci vuol..."

(Helenio Herrera)

LA PRESIDENZA DI ANGELO MORATTI - Il 29 maggio del 1955, Angelo Moratti accettò la pesante eredità di Masseroni: la presidenza della più "matta" squadra d'Italia. Campatelli, Meazza, Frossi, Ferrero, ancora Frossi, di nuovo Meazza, Mr. Carver (che collezionò 32 punti in 33 partite), il suo "aiuto" Radio (che resistette in panchina una domenica sola), Bigogno, un'altra volta Campatelli e per finire Achilli: ecco il carosello degli allenatori prima della "svolta H.H.". Nei cinque anni di "vita col Mago" Moratti ha trasformato gradatamente la sua "azienda difficile" nella più seria ed organizzata "industria dei piedi" di tutto il mondo. Ed a pensarci bene questa trasformazione della "Pazza Inter" in imperatrice assoluta del calcio mondiale è stata un'impresa terribile, senza dubbio la più sudata e sofferta del geniale petroliere. Ma il vero "dramma" di Angelo Moratti scoppia adesso, nell'ora del suo grande trionfo sportivo: cosa resta

Jair Da Costa solleva in trionfo la Coppa dei Campioni 1965 attorniato dai suoi compagni di squadra, tra i quali si riconoscono Bedin e Peirò

da vincere all'"INTERTUTTO" ? Niente. Può battere solo... il record degli incassi, i 166 milioni per un gol (tra le gambe del portiere) di Jair. "Dobbiamo  riuscire a conciliare i due problemi: il risultato e lo spettacolo". Questo è il tema che il presidente decennale (al 1965) ha dato da sviluppare al direttore tecnico dell'azienda per il suo sesto anno di magia nerazzurra... Angelo Moratti oltre al genio del petrolio, possiede una carica umana eccezionale, che sta alla base del suo successo, tanto nella vita privata quanto nella sua vita movimentata con il Mago, che ogni anno in aprile finge improvvisamente di voler abbandonare... il "tetto coniugale". H.H., due mesi fa spiegava ridendo che: "Rimango all'Inter, poerquè Moratti me ga dito che, voliendo o nolendo en Italia non existe el divorsio!"...

IL PRESIDENTE TRA I PRINCIPALI ARTEFICI DEI SUCCESSI SOCIETARI
Alcuni allenatori di serie A indicarono i meriti che, a loro giudizio, potevano essere alla base delle ultime super-prestazioni della squadra: (Rocco) " L'Inter non ha segreti. Ha soltanto una formidabile squadra, un formidabile allenatore e un formidabile presidente!" - (Pugliese) "L'armonia. L'armonia fra la squadra, l'allenatore e la società è alla base dei risultati. E' importante andare d'accordo, è importante quasi come avere un presidente come Moratti, che è... l'Angelo di tutti. Se i giocatori non si impegnassero alla morte, tutte le domeniche, per vederlo sorridere, non avrebbero un cuore ma un pezzo di pietra" - (Scopigno) "Il segreto dell'Inter è l'organizzazione, il suo presidente ed Herrera. Credo che la società nerazzurra continuerà a «mietere vittime» ancora per molti anni" - (Viani) "Le carte vincenti dell'Inter sono due: il cuore di Angelo Moratti e l'abilità di Helenio Herrera" - (Puricelli) "L'importante in un gruppo è volersi bene. E' l'unione che fa la forza e consente di ottenere i risultati. Uno per tutti, tutti per uno" - (Chiappella) "Oltre all'organizzazione, Moratti ed Herrera, l'Inter ha un'esperienza unica e la grande fortuna di avere in squadra quattro o cinque fuoriclasse che, anche quando non sono in forma, riescono sempre a giocare bene..."

La vita del petroliere Angelo Moratti fu contrassegnata da molte soddisfazioni, sia in campo imprenditoriale che sportivo. Rimase presidente dell'Inter fino al maggio del 1968 quando cedette la proprietà ad Ivanoe Fraizzoli. Gestì la società applicando quei metodi imprenditoriali che erano alla base del suo successo nel lavoro e che risultarono validi anche in campo calcistico. A lui si deve la costruzione (1962) del centro sportivo di Appiano Gentile ("La Pinetina"), una struttura all'avanguardia dove i giocatori tuttora si allenano, sono seguiti dal punto di vista medico e vanno in ritiro prima delle partite. Nell'albergo attorno a cui gravita tutto il centro sportivo sono oggi ospitati anche gli studi televisivi di "Inter Channel", il canale tematico satellitare che racconta 24 ore su 24 le vicende della squadra e della società. Angelo Moratti è' deceduto a Viareggio il 12 agosto 1981. Dal novembre 2007, per ricordarne la memoria, il piazzale antistante lo stadio "G. Meazza" in San Siro Milano porta il suo nome.
Coppa dei Campioni 1964
Finale di Vienna, 27 Maggio

INTER - REAL MADRID    3-1

Gol: Mazzola 43' e 76', Milani 60', Felo 70'

INTER:
Sarti, Burgnich, Facchetti, Tagnin, Guarneri, Picchi, Jair, Mazzola S., Milani, Suarez, Corso

REAL MADRID:
Vicente, Isidro, Pachin,
Muller, Santamaria, Zoco, Amancio, Felo,
Di Stefano, Puskas, Gento
Coppa dei Campioni 1965
Finale di Milano, 27 Maggio

INTER - BENFICA    1-0

Gol: Jair 42'

INTER:
Sarti, Burgnich, Facchetti, Bedin, Guarneri, Picchi, Jair, Mazzola S., Peirò,
Suarez, Corso

BENFICA:
Costa Pereira, Cavem, Cruz,
Neto, Germano, Raul, Josè Augusto, Eusebio,
Torres, Coluna, Simoes
Un tifoso eccellente dell'Inter - L'indimenticato Gino Bramieri si complimenta col bomber Roberto Boninsegna durante la festa per la vittoria dello scudetto 1970-'71

LA COPPA DEI CAMPIONI 1964 E 1965 - Ai nomi del Real Madrid e Benfica sono legati due dei tre successi europei dell'Inter, poichè quelle due celeberrime squadre venivano sconfitte dai nerazzurri nelle finalissime di Vienna e di Milano. I nerazzurri sfiorarono il successo anche nel 1966 e nel 1967: prima nel 1966 veniva eliminata dal Real Madrid in semifinale, perdendo 1-0 a Madrid (con Landini ala sinistra) e facendosi sorprendere a San Siro da un gol di Amancio (controllato da Landini) per pareggiare poi troppo tardi con una rete di Facchetti. L'annata successiva fu trionfale per l'Inter che eliminava la Torpedo di Mosca, il Vasas di Budapest (con il leggendario gol di Mazzola), il Real

Il compianto avvocato Giuseppe (Peppino) Prisco, vice-presidente in varie gestioni della società, in una foto degli anni '70

Madrid (con la celebre esibizione di melina allo stadio Bernabeu), il CSKA (dopo la rabbiosa «bella» di Bologna) ma si faceva inaspettatamente sorprendere dal Celtic nella finale di Lisbona quando i nerazzurri scesero in campo privi di Suarez (sostituito da Bicicli) ed in preda a forti conati di vomito che avevano loro impedito un regolare rendimento nella gara.

TUTTOSPORT del 28 maggio 1965 - L'Inter conquista per la seconda volta la Coppa dei Campioni battendo il Benfica per 1-0
Coppa dei Campioni 1965 - Nel cielo d'Europa l'Inter non tramonta mai
L'Inter ha vinto, evviva l'Inter per il secondo anno campione d'europa! L'impareggiabile squadra nerazzurra, la squadra d'acciaio che dodici mesi orsono ci aveva regalato la grande gioia al Prater di Vienna, in un ambiente più ostile che amico, ha stasera rinnovato il trionfo tra l'esultanza della sua gente. In questo momento l'Inter è di tutti: i suoi sostenitori la osannano, gli avversari di ieri e di domani la ammirano e la ringraziano... Il temporale che s'era scatenato su Milano già 24 ore prima dell'incontro, è ricominciato con inaudita violenza questa sera poco dopo le 18... Mezz'ora prima dell'inizio, San Siro è una fungaia di ombrelli, con qualche zona vuota. Alle 21,05 il signor Dienst - lo svizzero che arbitrerà la partita - scende sul terreno per una ricognizione;

è accompagnato da una ventina di fotografi. Lo avevano preceduto un'ora prima Herrera e Schwartz. Si dice che,l 'allenatore dell'Inter in nottata  - dall'eremo di Varese - abbia telefonato ad Allodi dicendogli di fare coprire subito il campo con i teloni. Non si sa se l'ordine del colonnello Herrera sia stato poi eseguito. Nella mattinata don Helenio avrebbe così commentato l'accaduto: "Noi siamo veloci, loro no. Se il terreno è pesante, noi non saremo più veloci e loro conserveranno il loro passo. Non bisogna mettersi sul loro piano...!". Ora che il prato di San Siro è un vero prato, in effetti, c'è la complicazione dell'acqua; vaste zone del terreno di gioco sono ridotte ad un acquitrino. Peccato veramente. Una partita del genere meriterebbe di essere giocata in condizioni di regolarità ideali; così, viceversa, aumentano le possibilità di interventi fortuiti che possono influire sulla effettiva sostanza del gioco... Alle 21,25 le squadre sono regolarmente in campo, accolte da un fragore quale mai udito in uno stadio italiano. Gli ombrelli si sono richiusi: l'Inter ha vinto il campo e sarà il Benfica a battere il calcio d'inizio. Con regolarità svizzera il sig. Dienst dà il via alle ore 21,30 precise... Il Benfica gioca una partita decisamente intelligente, da squadra di grossa esperienza internazionale. Verso la fine del primo tempo, come previsto da Herrera, si vedono con evidenza le difficoltà che l'Inter incontra in questa partita, aggravate notevolmente dalle condizioni atmosferiche. Ma ecco al 42' la svolta imprevedibile: riprende l'iniziativa l'Inter, Corso - cadendo - riesce a far giungere ugualmente la palla a Mazzola che subito allarga sulla destra a Jair. Il mulatto fa due passi e poi tira proprio nell'angolo dove è piazzato Costa Pereira. Si direbbe una palla innocua, ma il vecchio portiere se la lascia sgusciare fra le gambe e vana è la rincorsa di Germano quando la sfera ha oltrepassato la linea bianca. E' un premio per l'Inter, niente affatto immeritato, poichè la squadra di Herrera si è battuta con tutti i sentimenti, dominando la prima mezz'ora... Nel secondo tempo sull'Inter grava ancora l'handicap del rettangolo di gioco che si è trasformato in un laghetto.
Peirò, Mazzola e Jair sono le maggiori vittime delle condizioni ambientali, ma tutta la squadra - che pur si batte su limiti agonistici superlativi - non riesce a tradurre positivamente la sua massa di gioco... Nell'ultimo quarto d'ora la fatica si fa sentire e tutti i reparti della squadra milanese sembrano smembrati. Gli stessi tifosi, che vogliono bene all'Inter, sono mortificati per questo inspiegabile calo e una parte dei presenti cerca di scuotere i nerazzurri anche con i fischi. Il Benfica comunque non riuscirà a violare la porta di Sarti: l'Inter resisterà fino al termine e conquisterà per la seconda volta la Coppa dei Campioni.

Il GRAZIE A TUTTI DEL PRESIDENTE ANGELO MORATTI

"Un buon allenamento in campionato è alla base di questo successo che abbiamo ampiamente meritato. Il mio grazie ad Herrera, ai giocatori, al pubblico, a tutti coloro che come me hanno sempre avuto fiducia in un successo dei colori dell'Inter. Questa è notte di gioia non solo per i nostri tifosi, ma per tutta l'Italia sportiva. Nelle competizioni di club, l'Italia ha riaffermato la sua superiorità in campo europeo. Ora torniamo a guardare al campionato che noi abbiamo affrontato in funzione della Coppa e che da questa sera possiamo porre in prima fila nei nostri pensieri".

LE CAROVANE DEI TIFOSI NERAZZURRI
Avevano insegnato a tutt'Europa con quale partecipazione (di numero e di affetto), con quale trasporto si segue la propria squadra del cuore; avevano nettamente battuto per numero e per entusiasmo quelle madrilene del Real. Poi l'esempio è stato parzialmente seguito da altri tifosi, soprattutto da quelli del Celtic e dell'Ajax, ma senza mai raggiungere il vertice toccato dagli interisti. Nessuna capitale europea ha mai subito una così massiccia invasione di tifosi come è accaduto a Vienna, in occasione della finale Inter - Real Madrid del 1964. I supporters nerazzurri si riversarono nella capitale con aerei, treni, auto, torpedoni stracarichi, con migliaia di bandiere che sventolavano dai finestrini. Successe anche un episodio curioso, con un equivoco che venne immediatamente chiarito. Un poliziotto troppo zelante aveva fermato per accertamenti la colonna di pullman con i quali gli interisti, al grido "Inter, Inter", si stavano dirigendo verso lo stadio, scambiando erroneamente le loro urla per un inopportuno inneggiamento al Führer della Germania, nativo austriaco.

Coppa Intercontinentale 1964

Buenos Aires, 9 settembre
INDEPENDIENTE - INTER    1-0
Gol: Rodriguez 57'
INTER: Sarti, Burgnich, Facchetti, Tagnin, Guarneri, Picchi, Jair, Mazzola S., Peirò, Suarez, Corso


Milano, 23 settembre
INTER - INDEPENDIENTE    2-0
Gol: Mazzola 8', Corso 39'
INTER: Sarti, Burgnich, Facchetti, Malatrasi, Guarneri, Picchi, Jair, Mazzola S., Milani, Suarez, Corso

Madrid, 26 settembre
INTER - INDEPENDIENTE    1-0
Gol: Corso, al 5' del 2° tempo supplementare
INTER: Sarti, Malatrasi, Facchetti, Tagnin, Guarneri, Picchi, Domenghini, Peirò, Milani, Suarez, Corso
Coppa Intercontinentale 1965

Milano, 8 settembre
INTER - INDEPENDIENTE    3-0
Gol: Peirò 2', Mazzola 23' e 60'
INTER: Sarti, Burgnich, Facchetti, Bedin, Guarneri, Picchi, Jair, Mazzola S., Peirò, Suarez, Corso


Buenos Aires, 15 settembre
INDEPENDIENTE - INTER    0-0
INTER: Sarti, Burgnich, Facchetti, Bedin, Guarneri, Picchi, Jair, Mazzola S., Domenghini, Suarez, Corso
Coppa Intercontinentale 1965 - Il primo gol di Sandro Mazzola all'Independiente nella finale di andata a San Siro La formazione titolare dell'Inter durante il campionato 1964-'65

HELENIO HERRERA, il "Mago" -  Intervistato da Gianni E. Reif in relazione ai suoi primi cinque anni di magie in nerazzurro, così polemicamente si esprimeva: "Ha dito Viani che questo è proprio «anno de Inter», ma io credo che lo choque del sorpasso ha indebolito un po' la sua memoria. Yo infatti, da quando sono qui, como Viani, a Milano, requerdo soltanto: 1) L'anno de l'invasion de campo de Torino... 2) L'anno de la bottiglieta de Venessia... 3) L'anno del doping e dei rigori a go-go... Tutti gli altri sono sempre stati... anni de Inter!". Sembra una boutade polemica, eppure in questo paradosso del Mago c'è un buon 50% di verità. Il 1964-'65 ha dimostrato soprattutto una cosa: qualunque sparata di H.H., anche la più apparentemente assurda, va presa sul serio. A gioco lungo perfino la vecchia volpe di Nervesa (della...bottiglietta) si è fatto mangiare il favoloso fondo-scudetto di 7 punti.

Helenio Herrera, uno dei principali artefici dei successi dell'Inter di Angelo Moratti

Herrera non è quasi mai in bluff e, quando bara, si tratta solo della «Vanoni» (non la cantante, ma la denuncia dei redditi di allora ndr.!) o della sua carta d'identità. Al suo arrivo in casa Moratti dichiarò infatti di avere 46 anni, mentre ora afferma di avere festeggiato il suo 49° compleanno il 10 aprile 1965. Il Mago si giustifica così: "Veramiente sul passaporto sono nato sette giorni dopo, el 17 de avril 1916, a Martin Garcia, un'isoletta nell'estuario della Plata, proprio de fronte a Buenos Aires. La colpa del piccolo inganno es de mio padre: era tanto povero che quando attraversò l'agua per andare in municipio a denunciare la nascita del più famoso allenatore del calzio mondial, con una settimana di ritardo, imbrogliò l'anagrafe per non pagar la multa. Mio padre faceva el falegname! Per questo, poerquè ho conosciuto veramente la fame, da ragazzo sono rimasto un po' attaccato alle lire, anche se ne guadagno qualcuna di più di quanto mi ha concesso "L'Europeo"! Speriamo che el Fisco crede ziecamente al giornal!"

COPPA DEI CAMPIONI 1965 - Il Mago sapeva... "L'Inter è in forma stupenda, la Coppa, davanti al suo pubblico, non poteva sfuggirle. Siamo per la seconda volta campioni del continente e questo deve essere motivo di orgoglio per tutti gli italiani. Questa Coppa è frutto di tanti sacrifici, di una dura lotta contro la sfortuna che ci aveva tagliato le gambe all'inizio del torneo, che ci aveva privati di Domenghini alla vigilia della partita di Liverpool. Ecco, quando l'Inter quindici giorni fa aveva eliminato gli inglesi, io avevo capito che la squadra era in possesso di tutto quanto le era necessario per riconfermarsi campione d'Europa: gioco, ritmo, volontà, grinta, fiducia. Il Benfica è stato un avversario validissimo e, come il Real Madrid lo scorso anno, così quest'anno il suo valore dà lustro al nostro trionfo" (Helenio Herrera)

Il compenso di Herrera era di circa 2,5 milioni di lire al mese, più premi vari legati al rendimento della squadra - Lasciò l'Inter nel 1968 per diventare allenatore della Roma. Nel 1973 il nuovo presidente Ivanoe Fraizzoli lo volle nuovamente alla guida dei nerazzurri. La parentesi fu breve, perchè nel febbraio 1974 venne colto da infarto e costretto a ritirarsi temporaneamente dalla scene agonistiche. E' scomparso il 9-11-1997, quando era ricoverato nel reparto di rianimazione dell'Ospedale Civile di Venezia a causa di un altro malore legato alle coronarie e avvenuto poco tempo prima a Madrid.

I guadagni del "Mago" andavano messi in relazione con i successi ottenuti dalla società
1961 - Inter al 3° posto con 44 punti e 732 milioni e mezzo d'incasso;
1962 - Inter seconda con 48 punti, 766 milioni d'incasso netto;
1963 - Scudetto con 49 punti e 878 milioni e mezzo d'incasso netto;
1964 - Perde lo spareggio finale col Bologna dopo l'affare "doping", 54 punti e 878 milioni d'incasso in campionato, più quello della Coppa Europa e del Mondo vinte entrambe di primo acchito, col Real e con l'Independiente;
1965 - Inter "pigliatutto" con triplice demolizione del record mondiale degli incassi.

(gli incassi sono indicati in Lire italiane dell'epoca)
La formazione dell'Inter che si aggiudicò lo scudetto nella stagione 1965-'66
NEL '66 L'ULTIMO SCUDETTO DELLA PRIMA ERA MORATTIANA
Un grande ed indimenticabile autunno quello del 1965: l'Inter si è appena laureata per la seconda volta campione del mondo di club, battendo i tradizionali rivali dell'Independiente. Stavolta non c'è stato bisogno dello spareggio: gli argentini avevano già rimediato tre gol a San Siro e lo squadrone di Helenio Herrera - sfidando l'indegna gazzarra organizzata alla Bombonera di Bueno Aires - aveva conquistato un magnifico pareggio per 0-0 nel match di ritorno. Il 1965 è stato un anno d'oro per l'Inter: scudetto, Coppa dei Campioni e Coppa Intercontinentale. I nerazzurri sono ovviamente i grandi favoriti del campionato e tengono fede puntualmente ai pronostici, con un avvio fantastico

che li tiene indenni da qualsiasi disturbo. Fino a gennaio tiene bene il Milan, che poi si imballa e scompare di scena. Piuttosto regolare e senza scossoni eclatanti il passo del Bologna che, sul finire di torneo, si permette il lusso di battere per 2-1 i nerazzurri nella famosa partita in cui Helenio Herrera tentò la formula di Facchetti attaccante (esperimento clamorosamente fallito). Comunque la lotta per lo scudetto non offrì altre emozioni: l'Inter vinse agevolmente il suo decimo titolo (cosa che le consentì di cucire sulle maglie la stella d'oro) con 4 punti di vantaggio sul Bologna, 5 sul Napoli, 7 sulla Fiorentina, 8 sulla Juventus, 10 sul Vicenza e 12 sul Milan. Nella stagione 1965-'66 i nerazzurri erano rimasti in lizza nella Coppa dei Campioni fino alle semifinali: qui furono rocambolescamente eliminati dal Real Madrid. Ancora una volta l'Inter aveva dimostrato di possedere, in assoluto, il più forte impianto difensivo del mondo. Purtroppo per lui, durante la Coppa Rimet inglese, Edmondo Fabbri pensò bene di farne a meno!

LA FORMAZIONE BASE DELL'INTER 1965-'66: Sarti, Burgnich, Facchetti, Bedin, Guarneri, Picchi, Jair, Mazzola S., Domenghini, Suarez, Corso
In altra sezione le fotografie di nomi illustri nella storia della società

GIULIANO SARTI - Il portiere della praticità Con lui la difesa nerazzurra ha trovato un regista ideale. Giuliano Sarti da Castel d'Argile di Bologna, classe 1933, è il portiere più ammirato (anche dai colleghi) d'Italia. Piacciono il suo distacco tra i pali, la sua freddezza disincantata... Raramente Sarti spicca il volo tra i pali, per cui invece era celebre, ad esempio, Bepi Moro. La parata sensazionale di Sarti è sempre effettuata per intuito, l'intuito infallibile della classe. Alcuni fastidi fisici hanno impedito a Sarti di proseguire una carriera ben avviata in nazionale. Ma ora la salute è tornata, il campione sta rifiorendo a nuova vita sportiva. Con l'ultima gioia appena sbocciata nell'apoteosi di San Siro (Coppa dei Campioni 1965), Giuliano Sarti può avviarsi a riprendere il suo posto di portiere italiano più classico e più redditizio.

TARCISIO BURGNICH - L'uomo saracinesca Quando Tarcisio Burgnich nella stagione 1961-'62 fu ceduto in prestito al periferico Palermo pochi scommettevano sul suo futuro, pochi gli pronosticavano una carriera radiosa. Invece il friulano Burgnich ha smentito tutti. Pervenuto all'Inter nel campionato 1962-'63, si è presto imposto come il «terzino-roccia», il difensore dalla strenua personalità agonistica. Una grandissima squadra come l'Inter nasce da un incontro di elementi, da una simbiosi di tecnica e forza, di potenza e di stile. Burgnich rappresenta nell'Inter difensiva di Herrera l'uomo saracinesca, l'ultimo baluardo. Perciò è spesso dimenticato nell'enfasi dei panegirici per i suoi colleghi dotati di stile assai più piacevole. Ma, senza Burgnich, la difesa nerazzurra non avrebbe tanta solidità.
E' forte e buono, generoso, altruista e modesto. E' semplice e, con la forza morale che è la qualità dei semplici, si è saputo inserire con straordinaria naturalezza in una squadra di rango, senza complessi. Fisicamente è potentissimo, un classico normotipo atletico, con un peso forma di 75 chili, e il suo segreto sta nell'allenarsi bene per mantenere intatta la potenza e le estreme doti di recupero.

Giacinto Facchetti, colui che sarà per sempre "Il Capitano" dell'Inter
GIACINTO FACCHETTI - Bomber sprecato? E' alto, tanto è alto che gli danno fastidio soltanto le alette piccole e svelte, quelle che nascondono il pallone tra le movenze di un dribbling. E' il... sesto attaccante dell'Inter. E' il terzino che, nel modulo difensivo imperniato sul libero, da parole testuali di Helenio Herrera permette: "de justificar la posision rigida de Picchi. El porchè è molto semplice: si l'Inter avvia el libero elastico Facchetti sarebbe siempre incollato all'ala destra avversaria, inveze, con Picchi siempre de guardia dietro a tutti, lui può fare el suo giogo istintivo e tentare la via del gol". Così, proprio nel settore sinistro dello schieramento interista, dove più si fa sentire l' «anomalia tattica» di Mario Corso, nascono le premesse per il vantaggio spesso decisivo di un Facchetti-gol. Quando Facchetti fece la sua apparizione in campionato furono pesanti le perplessità, forti i dubbi, frequenti le stroncature: non convincevano quelle sue lunghissime gambe negate (si diceva) alla marcatura anche "minima" di piccoletti sguscianti come Kurt Hamrin; non convincevano quelle sue proiezioni in avanti perchè portate con un passo troppo lungo (si diceva), destinato fatalmente a spezzarsi nella ragnatela fittissima

delle aree avversarie. "Cinque anni fa, - racconta ora con pacata soddisfazione - me ne dicevano di tutti i colori! Ci fu soltanto una voce che si levò alta in tutt'Italia a tenermi su di morale e fu quella di Herrera. Anche la stampa e la critica francese mi hanno sempre sostenuto fin dall'inizio, dandomi una notevole spinta sul piano psicologico".
Ed Herrera ha dovuto sgobbare molto per far capire al gigante-timido di Nervesa che nessuno può fargli paura, soltanto che voglia. Così, poco a poco, Giacintone s'é scordato il complesso; sia piccolo e tozzo o alto e slanciato, Giacintone da Treviglio, classe 1942, dell'avversario di turno se ne impipa. Vola all'attacco, anticipa ogni intenzione del suo avversario, imperversa in ogni zona del campo. E segna gol col botto, perentori e risolutivi, i gol che hanno dato all'Inter, più ancora di quelli di Suárez o Corso, la fama di squadra corsara.
Oggi Facchetti non si discute più: nè come terzino puro, nè tantomeno come variante d'attacco. E la sua forza caratteristica sta proprio in una capacità di metamorfosi rapida che si giustifica soltanto con la straordinaria struttura atletica di questo giocatore. Facchetti porta il numero tre sulla schiena ed è terzino ma, Nazionale, Coppa, campionato: Facchetti è un terzino che fa gol o un centravanti sprecato?...
Alcuni vorrebbero Facchetti centravanti per risolvere il problema della Nazionale, che si trascina da quando perì Gabetto, da quando il cavalier Piola segnò l'ultima rete. Altri gli assegnerebbero una maglia di laterale. Ma dove troverebbe Herrera un altro Facchetti? Come potrebbe sostituirlo?

NEL 1972 VENNE VOTATO COME COMPONENTE DI UNA "SQUADRA IDEALE"MONDIALE
Nel momento in cui Giacinto Facchetti è nel pieno della condizione fisica e da tutti riconosciuto come il più forte terzino d'Italia, viene escluso dal giro della Nazionale. Valcareggi intende fare largo ai più giovani Marchetti e Chinaglia,

preferendoli appunto agli interisti Facchetti e Boninsegna. Molte proteste giungono anche all'allora presidente del Settore Tecnico della FIGC Carraro.
Come se non bastasse, a rinfocolare gli animi, arriva dal Brasile il risultato di un referendum a cui hanno partecipato 128 giornalisti sportivi locali che hanno votato per la "squadra ideale" del calcio mondiale. Un solo italiano figura nell'elenco: è Facchetti, che ha avuto 128 voti su 128, un plebiscito!
L'inglese Moore è stato segnalato soltanto da 47 votanti, il peggior punteggio tra gli undici prescelti. "Facchetti è l'unico terzino che si possa avvicinare al grande Nilton Santos", commentò allora Joao Saldanha.
La "squadra ideale" scelta dai brasiliani avrebbe dovuto essere così composta:

Copertina de "La rabbia del gol", un libro scritto da Giacinto Facchetti che testimonia la sua vocazione di terzino-bomber

Mazurkiewicz (Uruguay - Atletico Mineiro); Figueroa (Cile - Internacional Porto Alegre); Moore (Inghilterra - West Ham); Anchieta (Uruguay - Gremio Porto Alegre); Facchetti (Italia - Inter); Gerson (Brasile - Fluminense); Beckembauer (Germania Ovest - Bayer Monaco); Netzer (Germania Ovest - Borussia Moenchen.); Jairzinho (Brasile - Botafogo); Tostao (Brasile - Vasco de Gama); Rivelino (Brasile - Corinthians).

Giacinto Facchetti terminò la sua carriera agonistica nel 1978. E' sempre stato universalmente riconosciuto come uno dei più grandi calciatori mai esistiti a livello mondiale. Durante la gestione di Massimo Moratti fu Direttore Generale dell'Inter, quindi Vicepresidente dopo la morte di Giuseppe Prisco e Presidente dal 19-01-2004, dopo le dimissioni di Moratti stesso. Si è spento a Milano il 4-9-2006 per un male incurabile e riposa nel cimitero del suo paese natale (Treviglio (BG). In suo onore l'Inter ha deciso di ritirare la gloriosa maglia numero 3.

GIANFRANCO BEDIN - Il preparatore dei gol Facchetti fa spesso e volentieri dei gol decisivi, Bedin li prepara. C'era una volta Tagnin, rude maratoneta alessandrino, ora c'è Gianfranco Bedin, di San Donà del Piave, mediano autentico sbocciato alla scuola di Peppino Meazza, che dà una mano a Facchetti e, se occorre, a Suarez oppure anche a Corso e Peirò. L'Inter con Bedin, ragazzotto timido e sereno, ha guadagnato in freschezza, in fantasia, in capacità di adattamento, in propulsione. L'Inter, con i ragazzi come Bedin, si assicura un avvenire, si garantisce un continuo progresso. Ha esordito in Coppa il 3 dicembre a Bucarest, con il numero 7. E' la perla di Herrera nella stagione che ha ribadito la capacità di psicologo e stratega dell'unico autentico mago del campionato italiano. Bedin è alto 1,73 e pesa 70 chili, parla poco e gioca quasi tutti i palloni di esterno destro.

ARISTIDE GUARNERI - Un takle fantastico C'è stato un momento nella stagione (1965) durante il quale Aristide Guarneri, nato a Cremona nel 1938, giocava mosciamente e tutti si chiedevano il perché. Vacillava la difesa nerazzurra e volavano in gol i centravanti avversari. La cosa era tanto più stupefacente in quanto ad Aristide Guarneri ha dato celebrità quell'asciutta capacità che si chiama takle. Il takle di Guarneri è come la chiave girata nella toppa: porta chiusa e sprangata. Niente da fare per nessun centravanti. Gira voce che Herrera abbia esorcizzato il suo stopper con tirate d'orecchie e lunghissime paternali. Fatto sta che Guarneri ha presto ritrovato se stesso ed il posto in Nazionale. Per un centravanti che incontra Guarneri, come per Quasimodo, è subito sera.

Armando Picchi (Inter) e Pavinato (Bologna) si stringono la mano sotto gli occhi dell'arbitro Concetto Lo Bello
ARMANDO PICCHI - Il Capitano "Livornese, toscanaccio, è il capitano, il vero capitano di una squadra di questo tipo. E' molto razionale ed ha un'impostazione congenita per quelli che sono i problemi collettivi, sia in campo... che fuori. Il fatto che lo si designi come "il libero" è poco per un personaggio come lui: è umano e sportivo nella pienezza dei termini.
Lo caratterizzano una mente lucidissima ed una sottile vena polemica toscana, che gli da il senso della "capacità" nel ruolo, ma anche un'interpretazione che tocca i vertici della libertà.
E' anche orgoglioso e per lui non esiste il problema del libero "che lavora meno degli altri e vive a sbafo", perchè il modulo tattico, e quindi lui stesso,

sono accettati da tutti, da Sarti a Corso. In campo è molto autoritario e sa farsi ascoltare. Ora (1965) ha più di trent'anni ma è ancora in possesso di uno dei più notevoli "scatti brevi" che si conoscano. Scatto breve che ha perfezionato nel tempo e che sfrutta con disinvoltura.
La sua duttilità di manovra permette infatti a Facchetti di avanzare: se non fosse così, il terzino non lascerebbe mai l'ala con il terrore che vada senza ostacoli in porta. Picchi è la premessa del movimento difensivo dell'Inter, dei goal di Facchetti e anche di Burgnich...
"
(Giudizio del Dott. Quarenghi, medico dell'Inter)
Alcuni giocatori della "Grande Inter anni '60", intervistati per uno speciale televisivo dedicato ai successi della squadra, hanno apertamente dichiarato che Picchi era l'allenatore in campo e ogni tanto, dall'altezza della sua classe e della sua visione del gioco, si permetteva di modificare a proprio piacimento gli ordini ricevuti da Helenio Herrera, con ottimi risultati, non c'è che dire. Era l'esperienza e la malizia in una difesa sostanzialmente giovane, il connettivo con l'applicazione dei primi capelli grigi, con la posatezza dell'età, tra l'esuberanza dei Burgnich, Facchetti e Bedin...

Armando Picchi nato a Livorno il 20-06-1935 giocò nell'Inter dal 1960 al 1967 per terminare poi la sua carriera nel Varese, squadra della quale fu allenatore-giocatore fino al 1969. Fu chiamato anche in Nazionale dal 1964. Nel 1968 un infortunio al bacino gli precluse la partecipazione ai Campionati Europei e lo costrinse anche a chiudere la sua esperienza in maglia azzurra, con la quale registrò 12 presenze. In seguito divenne allenatore del Livorno e della Juventus. A 35 anni, alla guida dei bianconeri era il tecnico più giovane della massima serie; un'esperienza che si concluse in breve tempo a causa di una malattia incurabile che lo portò alla morte il 27 maggio del 1971. Dal 1990 lo stadio "Ardenza" di Livorno è stato intitolato a suo nome.

JAIR DA COSTA - Un artista dribblomane Al termine della partita Verona-Napoli, del 10 giugno 1962, al presidente dell'Inter Angelo Moratti venne chiesto cosa ne pensasse dell'ala destra brasiliana Jair. Moratti, per niente impreparato sorrise ed estrasse dalla tasca della giacca una lunga relazione di Helenio Herrera dal Cile, dove si trova alla guida della nazionale spagnola. Nel documento si poteva leggere, tra l'altro, che il «Mago» riteneva Jair da Costa come elemento tecnicamente ottimo, dotato di grande velocità e tiro, giocatore particolarmente adatto al campionato italiano. Il presidente dell'Inter non poteva perciò farselo scappare, anche se le trattative per il suo acquisto furono lunghe e laboriose...
Jair è un dribblomane e, come tutti i dribblomani è un artista e un vanesio. Jair si innamora del gol, del tiro tondo, dell'applauso scrosciante. Quando il gol non gli riesce, si scarica. Allora si scopre dei malanni che sono frutto della sua immaginazione, rimane in tribuna e confessa ai giornalisti di accusare dolorini alle giunture. In verità, uno come Jair, non può soffrire di altro che di nostalgia. Nostalgia di Osasco di San Paulo del Brasile, dove l'unico autentico rivale di Garrincha nacque nel 1940. Quest'anno (1965) Jair non è stato lui. Si è spuntato su troppi terzini, spesso e volentieri si è fatto invano aspettare. Ma infine ha ritrovato anche lui, col primo sole, l'euforia e il guizzo. Quel guizzo felino che fa di Jair uno dei più estrosi goleador di tutti i tempi.

Fotografia con autografo di Sandro Mazzola
SANDRO MAZZOLA - Un tipo ironico a cui piaceva parlare molto...
"Mentalmente è sensibile all'estremo, esigente, orgoglioso. E' giovane (nel 1965) e si porta dietro il bagaglio paterno che in questo momento gli è più di peso che di aiuto. Ora è in fase di assestamento perchè il mutamento familiare incide sulla sua personalità, creandogli qualche scompenso. Ma il matrimonio dovrebbe appunto segnare lo stacco netto fra il passato e l'avvenire. E' una persona molto seria che, nel primo anno passato all'Inter, ha saputo coniugare la professione con lo studio, diplomandosi in ragioneria. Fisicamente è un longilineo stenico, forte: è sufficiente guardare come difende la palla. Quando è un po' giù di forma, si nota più degli altri, ma gli arriva sempre in aiuto la squadra... " (Giudizio del Dott. Quarenghi)
"Così bravo quando è bravo, credo che in vita sua non abbia mai sbagliato interamente una partita. Anche quando la giornata gli nasce tanto storta che

persino il più scontato dei dribbling gli si ripercuote addosso come uno spietatissimo boomerang, Sandro Mazzola riesce, prima o poi, incredibilmente, a trovare per strada quel paio di situazioni che lo confermano, contro tutto e contro tutti, personaggio autentico, proprio autenticamente vero...
Mazzola parla molto, poco meno di Herrera. E quando uno parla molto da sempre fastidio a qualche altro. Se ci sono cronisti sprovveduti che non sanno fare un minimo di tara a certe dichiarazioni, è garantito che Sandrino appare un tipo antipatico. Proprio perchè, essendo abituato a parlare senza falsi complessi di inferiorità, una volta o l'altra

rilascia qualche dichiarazione contro tizio, caio, oppure sempronio.
La folla, che si butta senza reticenze sopra tutto quello che scrivono i giornalisti ufficiali, allora assimila e giudica. E nove volte su dieci Sandrino non riesce a farci una bella figura... Quando era alle prime armi ed alle prime esperienze di titolare, lui calcò la mano sopra due particolari: il primo che il Torino non aveva fatto il diavolo a quattro per assicurarsi le prestazioni del figlio di Capitan Valentino e il secondo che, a suo parere, Mariolino Corso era tanto bravo, tanto irraggiungibile come sapienza calcistica, da non trovare eguali nel nostro campionato e, forse, in buona parte del rimanente mondo del calcio.... Per lui la stagione '64-'65 non è stata facile. Mezza stampa milanese era disposta a stroncarlo, stava proprio lì con il fucile puntato, ad attendere l'occasione giusta per abbatterlo, per demolirlo. Ma se uno è disposto a guardare in faccia la realtà, non può fare a meno di ammettere che questa stagione folgorante

Sandro Mazzola in una delle ultime formazioni dell'Inter di Angelo Moratti, quella del 1967
L'Inter del 1967: da sinistra, Facchetti, Suarez, Guarneri, Burgnich, Bedin Picchi; accosciati Sarti, Corso, S.Mazzola, Domenghini, Cappellini

dell'Inter deve molto a Mazzola... Anche Don Helenio, che sembra un duce spietato, mentre è solo un uomo che ha famiglia, e per questo, all'italiana, scusa e comprende tutto, pure lui ha capito il difficile inserimento di Mazzola nelle eterne esigenze di una squadra che, da quando è iniziata la stagione, ha sempre avuto da assolvere impegni uno più spietato dell'altro..." (Da un ritratto di Giorgio Mezzi per "Supersport")
Il figlio di papà Valentino è il colpitore d'attacco più fantastico del campionato. Magro ma duro d'ossa. Sandrino pare esile ed invece scava con i gomiti il cammino che lo porta infallibilmente in gol. E' un orgoglioso fanatico come suo padre. Il suo tiro al volo è limpido e netto come lo era forse soltanto quello del Boniperti giovane. Mazzola ha una lunghissima strada di goleador davanti a sè e deve soltanto risparmiarsi e rispettarsi come conviene ad un campione. Perchè non c'é dubbio che la classe di Sandrino è purissima. Gliel'ha trasmessa papà Valentino quando lo conduceva per mano, marmocchio di quattro anni, a scoprire il calcio al Filadelfia.

JOAQUIN PEIRO' - Detto "il violinista" Gioachino Luca Peirò è alto 1,74 e pesa 70 chili. E' stato nel Torino durante le stagioni 1962-'63 e 1963-'64 e l'Inter lo ha preso proprio per rinforzare la rosa di Coppa Campioni nella stagione 1964-'65. Viene soprannominato "il violinista"; ha un viso lungo ed affilato, sembra una faccia di malinconia, invece niente, il suo viso è affilato perchè gli serve per tagliare meglio l'aria quando scatta nei suoi favolosi allunghi. L'allungo «lanciato» di Peirò è uno spettacolo nello spettacolo; può risolvere qualsiasi partita. Laurence, il portiere del Liverpool, ha spiegato al popolo la qualità più preclara di Peirò: l'opportunismo. Se un pallone scappa ad un portiere, se un difensore si distrae, si può star certi che la cavatina di Gioachino risulterà decisiva.
Se Luis Dominguin, l'eroe di tante corride, fosse stato sugli spalti di San Siro nella notte di Inter-Liverpool, avrebbe riconosciuto nel gol di Joacquin Peirò la «traduzione con i piedi» di una delle più classiche e limpide «figure» eseguite dai matadores: la veronica.

In altra pagina l'Inter di Ivanoe Fraizzoli conquista il suo 11° scudetto

LUISITO SUÁREZ - L'uomo chiave del tour de force nerazzurro
E' nato a La Coruna, Spagna, nel 1935. La regia nerazzurra è stata sua e si deve dire che a trent'anni, nel ruolo di centrocampista, in un impegno affrontato con esemplare modestia, Luisito Suárez abbia raggiunto vertici di gioco straordinari e senza dubbio superiori a quelli, già eccezionali, toccati come attaccante puro prima nel Barcellona, quindi nei primi anni di milizia interista. Suárez è già stato il miglior giocatore d'Europa. Dovrebbe essere rieletto anche quest'anno (1965) e con meriti ancora più ampi. E' stato unanimemente riconosciuto come il cervello dell'Inter "pigliatutto", sia che dovesse sgobbare da solo nella sua vasta zona per la contrazione di Tagnin e la partita pigra di Corso, sia che li avesse come collaboratori fervidi in una giornata di vena.

Luisito Suarez è stato il primo giocatore spagnolo a vincere il "Pallone d'Oro" (1960)

E' innegabile che le partite più positive e spettacolari siano state impostate da Suárez con Bedin e Corso, il quale va a... corrente alternata, ma quando la corrente passa... chi mai può fermarlo?
In certi momenti, a chi ama il calcio giocato col cervello, può ricordare Schiaffino. Ha un fulgido passato. Prima di venire in Italia con Herrera, giocando nel Barcellona eliminò l'allora grande Real dalla Coppa dei Campioni. Nel campionato italiano Suárez ha reso il suo gioco più razionale. In Spagna era la «prima donna», in Italia è diventato... Toscanini.
In campo conta più di tutti l'impulso che Suárez dà sia nell'interdizione che nel rilancio. Ogni pallone conquistato da Luisito è una speranza in più per i nerazzurri di risolvere positivamente una partita. Ultimamente le cronache lo hanno definito il «mostro» dell'Inter. Mai iperbole fu più giustificata, se solo si pensa alla raffinata prestazione contro il Liverpool.

Dicevano di lui
(Scopigno) "Il pubblico non fa segnare i gol e invece Suárez si. Luisito ha avuto una continuità incredibile, non ha mollato mai, ha giocato per tutti. Ed ha anche... picchiato per tutti. Persino il mio povero Colausig, ma in fondo ha fatto benissimo, perchè bisogna saper fare anche quello" - (Pugliese) "Suárez è un motore, è il moto perpetuo del calcio. Se gli altri dieci, Corso compreso, facessero quello che fa Suárez, assisteremmo al non plus ultra del gioco del calcio" -(Silvestri) "A mio modesto avviso è stata la difesa, tutta in blocco, con l'aiuto di Suárez uomo-tutto, a permettere ad Herrera di vincere sempre" - (Liedholm) "Il pilastro dell'Inter è sempre Suárez! In difesa e all'attacco" - (Dott. Quarenghi) "Suárez è l'unico che non va guidato. Lavora all'oscuro, si massacra in una tenaglia di marcature, corre più di tutti, suda più di tutti. Se la partita scorre come deve, è il cervello ovunque, in ponte con Corso. Se la squadra non ha brividi di paura, ma non ce la fa a passare, può ritornare «punta», l'uomo del Barcellona e tormentare con i suoi affondi l'area avversaria" - (M.Corso) "Suárez corre di più e gioca per la squadra: quando ha la palla la lancia subito senza accarezzarla, si mette sempre dove sente che la squadra lo esige... Non ho il suo passo e nemmeno il suo ritmo, per cui se io prendessi la maglia di Suárez e avessi le sue funzioni ne verrebbe fuori un'Inter al rallentatore! Nel suo ruolo è unico al mondo, perchè riesce a fare tutto in velocità, assistito da una condizione fisica incredibile, che gli ha consentito di reggere per anni a quel livello".

Luis Suárez Miramontes (questo il suo nome per esteso) lasciò l'Inter al termine della stagione 1969-'70 per passare alla Sampdoria, nella quale chiuse la sua gloriosa avventura da calciatore in terra italiana (1973). Intraprese in seguito la carriera di allenatore (nella stagione 1974-'75 accettò subito la guida dei nerazzurri), senza però raggiungere quelle grandi soddisfazioni che aveva ottenuto sul campo. Nel 1960 (quando giocava per il Barcellona)era stato il primo giocatore spagnolo a vincere il "Pallone d'Oro".

MARIO CORSO - La fantasia in persona Se la classe di Suarez è praticità, quella di Corso è fantasia. La fantasia di Mariolino Corso si estrinseca in cento modi: nei calci di punizione ad effetto contro i quali non basta opporre barriere massicce e pignole; nei passaggetti d'esterno; nel dribbling frusciante come su un tappeto; nel tiro al volo; nel colpo di tacco. In cento modi sempre nuovi. Alcuni giudicano Corso un centrocampista, altri un attaccante puro. Corso forse non è ne l'uno ne l'altro. E' Corso. Vale a dire che assegnargli un ruolo preciso può significare coartarne la libertà. Come tutti i fantasisti ha un signor caratterino, ma Herrera è riuscito a piegarlo. Per quanto estroso o lunatico, nelle partite che contano è sempre impareggiabile.
Fisicamente è diventato più forte e potente ed è un cultore del bel gioco come Suarez: adatta l'esigenza all'avversario ed è maestro nell'addormentare la palla e il ritmo, se necessario. Dicono che sia lento, invece ha un buon scatto, e rallenta solo quando ritiene che ce ne sia bisogno. Ma è uno difficilmente inquadrabile, perché non ubbidisce a bacchetta, perché e personaggio, é un primattore protagonista.

ANGELO DOMENGHINI - Il dodicesimo delle imprese proibitive Helenio Herrera lo aveva ammirato in un paio di occasioni e per Angelo Domenghini si erano subito spalancate le porte dell'Inter. Cominciava la grande avventura di un giocatore difficile da giudicare: è grande oppure è soltanto utile? Gli inizi interisti erano stati brutti e difficili. Il salto era stato molto grande: da una squadretta di provincia alla squadra Campione del Mondo.
Ma nella notte mondiale di Madrid, Angelo Domenghini recitò onestamente la sua parte di uomo-dovunque. Domenghini uscì distrutto da quei 120 minuti, attanagliato dai crampi che lo fecero piangere e fecero urlare Helenio Herrera. Poi la più grande ala d'Italia fu trasformato dal mago in centravanti, perchè Milani non riusciva più a creare spazi per Sandrino Mazzola. Dovette cambiare gioco e abitudini, ma si calò con puntiglio e successo nella parte di uomo gol votato al sacrificio. Nella partite di Coppa è sempre tagliato fuori: in una squadra si gioca solo in undici e lui è il dodicesimo, buono soltanto per le imprese disperate, per i compiti proibitivi. Ma non importa: Angelo Domenghini è un ubbidiente soldatino, che risponde «signorsì» ad ogni ordine del generale H.H.

CARLO TAGNIN - Un giocatore di grande volontà Esecutore perfetto di ordini, con un fiato, un mordente e una dedizione incredibili. Ha un fisico asciutto, che ha resistito magnificamente a tutti i migliori, su tutti i campi d'Europa. E' un lavoratore dotato di grande volontà che ha dato dignità ad un ruolo antipatico, Questo sconosciuto, bersagliato da tutti, è venuto all'Inter tranquillo e si è imposto, prima di tutto, per le virtù morali: se non avesse avuto una forte base positiva sarebbe andato a gambe all'aria. Le doti morali sono alla base: De Dorigo sarebbe morto senza di quelle e Don Schollander non sarebbe il campione che è. Ora che Gianfranco Bedin è apparso alla ribalta con l'autorità e la limpidezza del veterano e del fuoriclasse, sarà difficile per Tagnin riprendere il posto di seconda sentinella della difesa interista. Comunque al biondo mediano di Herrera va tutta la riconoscenza delle folle nerazzurre e degli sportivi italiani, per la sua defilate ma utilissime prestazioni in tante partite e contro i più pericolosi goleador internazionali che Carletto Tagnin è sempre riuscito ad annullare.

LE IMMAGINI presentate nella pagina e nella sezione "Nomi illustri" provengono da giornali e riviste consultati e sono state realizzate da Tullio Farabola e dei suoi collaboratori, ma possono essere anche di Marco Ravezzani, Celso Battaia,  Fotocronache Olympia, Foto Forte. Si precisa che non è stato materialmente possibile associare ad ogni singola fotografia il rispettivo autore perché all'epoca la pubblicazione non era accompagnata dal nome del fotografo.
GIORNALI E RIVISTE CONSULTATI: "Supersport / Inter-Tutto '65";  "Inter Football Club" - Giornale ufficiale degli sportivi nerazzurri;  "Tuttosport" del  28 maggio 1965 - (artt. di Giglio Panza e Carlo Grandini);  "Tuttosport" del 18 febbraio 1963 - (artt. di Gian Maria Gazzaniga - Giorgio Tosatti e Nino Masiello);  Mensile Inter Football Club n. 5 - 1971 - Supplemento "Inter 11"
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