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LA GAZZETTA SPORTIVA del 25 luglio 1949 - Prima pagina dedicata a Fausto Coppi vincitore del Tour de France davanti all'eterno Gino Bartali

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GIRO D'ITALIA 1952 (tappa Genova-Sanremo) - Alcune ragazze inseriscono dei fiori tra i capelli di Fausto Coppi che veste la maglia rosa

FAUSTO COPPI
Le sue imprese sportive attraverso interviste, racconti personali, aneddoti e ... segreti (3)

Le ragioni segrete che furono alla base delle sue leggendarie imprese

Coppi può essere definito l'«elettrotreno» del ciclismo moderno, che considera normali quelle medie che, sui percorsi cosparsi di salite, toccano normalmente i 37-38 km/h. Per tutti, meno che per il «campionissimo», sembra esistere un limite di velocità, considerando le sue imprese più sbalorditive, imprese compiute malgrado l'età non più verde e malgrado il mezzo milione di chilometri macinato in dodici anni di carriera.
Una carriera senza confronti, poiché comprende gli exploits che i più grandi campioni del passato non sono mai riusciti a realizzare: dal primato mondiale dell'ora senza allenatori ai due titoli mondiali dell'inseguimento, dai cinque Giri d'Italia ai due Tour de France, dai quattro Giri di Lombardia alle tre Milano-Sanremo, dalla Parigi-Roubaix alla Freccia Vallone, dai cinque campionati italiani dell'inseguimento ai tre titoli della strada, dai due GP delle Nazioni ai due GP Vannini, dai tre Giri di Romagna ai tre Giri dell'Emilia, dai tre Giri del Veneto alle due Tre Valli Varesine.
Conquistata la corona mondiale degli stradisti, non gli mancava più niente per essere considerato il più straordinario campione. Nessuno, tutte le volte che egli ha voluto raggiungere una mèta, ha saputo resistergli.

LUGANO 1953 - Al Campionato del Mondo su strada Fausto Coppi sferra il suo attacco micidiale sulla salita della Crespera

Osservatelo attentamente, se vi capita, il campionissimo della Bianchi. E' nato per stare in bicicletta. Su una poltrona Fausto non starebbe meglio che sul sellino. Tutto in lui sembra fatto per armonizzare con il cavallo d'acciaio e divenire quasi un tutt'uno con esso: le gambe, le braccia, i polmoni, il cuore, il cervello. Soprattutto il cervello, che sa comandare ai muscoli poderosi della meravigliosa macchina.
E quando Coppi si mette in azione, anche il più indifferente degli osservatori non potrà fare a meno di essere avvinto da questo spettacolo atletico. Nel vocabolario di Coppi la parola «sforzo» non esiste. Tutto il suo sgambare infatti è armonico.
Quanto hanno fatto scrivere le caratteristiche fisiche del «campionissimo»! C'era chi sosteneva che egli fosse imperfetto e perciò non in grado di continuare per molti anni a sostenere sforzi violenti e chi invece affermava che tutto ciò che sembrava imperfetto in Coppi era, dal punto di vista ciclistico, perfettissimo.
Alcuni sottolineano come non ci sia assolutamente proporzione fra la lunghezza delle gambe e delle braccia e quella delle altre parti del corpo: non è un atleta perfetto. Può essere vero, anzi è vero. Ma quali risultati sono riusciti ad ottenere corridori fisiologicamente più perfetti di Fausto.
Molti furono coloro che, dopo i primi anni d'attività, dubitarono delle sue possibilità atletiche proprio per l'irregolare funzionamento della sua tiroide. Vennero pertanto richiesti degli esami specialistici, i cui esiti si rivelarono in contrasto tra loro a tal punto che nessun medico, che non fosse amico dello stesso Coppi, volle più assumersi la responsabilità di un giudizio.
Accertato che la tiroide di Coppi funzionava leggermente in eccesso, stimolando le funzioni dell'organismo, si decise di far adeguare il fisico di Coppi a questo lavoro straordinario. E cosa ne derivò?
Una prontezza di riflessi fuori dal comune, un'acutezza ed un'intelligenza di corsa straordinari, un fisico dalle reazioni fulminee. Anche il suo «ricambio basale» è notevolmente più alto rispetto a quello delle persone normali, proprio a causa dell'iperfunzione tiroidea.
E quante discussioni provocò la sua conformazione toracica? Gli esteti gli si schierarono immediatamente contro, non vedendo in lui l'«Apollo» della bicicletta. Ma questi esteti dovettero ben presto convincersi che a Coppi era possibile ottenere ciò che ad altri madre natura precludeva, appunto perché il suo torace presenta nel diametro antero-posteriore una prevalenza sul diametro traverso, di qui anzi l'aspetto tondeggiante, per non dire addirittura carenato anteriormente. Queste constatazioni, in alcuni, fecero nascere il sospetto di un difetto di formazione per insufficienza del ricambio calcio-fosforo, e perciò di inadattabilità

allo sforzo. Sospetti che, tuttavia, caddero di fronte alla capacità polmonare (cc. 6.300 in regime normale, frequentemente 6.600-6.700) e alla sua straordinaria muscolatura.
Uno dei segreti (se non il maggiore segreto) che ha dato al campionissimo la possibilità di compiere imprese leggendarie, è la preparazione. Una preparazione che avrebbe mandato in sanatorio qualunque persona che non fosse stata meravigliosamente sana. Chi avrebbe potuto tracciare le linee di questa preparazione se non quel

Cavanna che di Coppi conosce anche le più piccole consuetudini di vita? Vediamo in cosa consiste: in allenamenti quotidiani a ritmo di corsa, in modo da non risentire la fatica il giorno che il corridore si presenta ad una gara dopo essere rimasto lontano anche un mese e più. Fausto evita il più possibile di andare a piedi. Egli vive in bicicletta. A tutto ciò va aggiunto il vitto selezionatissimo e il riposo adeguato.

Le imprese di Fausto
Coppi nei servizi delle
maggiori testate sportive

Altre imprese sportive di
Fausto Coppi attraverso interviste
e racconti personali (con foto)

In altra pagina la corsa
e tutti i retroscena del
Mondiale di Lugano 1953

Storia umana e sportiva
di Fausto Coppi, il campionissimo
del ciclismo (con foto)

Infine non poca importanza ha la preparazione remota per i traguardi che egli vuole ad ogni costo raggiungere. Ad esempio, la sua preparazione per il campionato del mondo iniziò prima che il Tour de France finisse.

Biagio Cavanna ordinò ai suoi gregari di metterlo alla frusta per vincere il mondiale 1953
Fausto non si rassegnava all'idea di chiudere la sua pur splendente carriera senza la corona più prestigiosa e pertanto, in vista del mondiale di Lugano 1953, cominciò ad allenarsi con la stessa meticolosità usata per il periodo precedente il suo riuscito assalto al record dell'ora detenuto da Archambaud.
Disintossicato il fisico dalle fatiche del Giro d'Italia, si calcola che in poche settimane egli abbia percorso circa di cinquemila chilometri, evitando (per quanto possibile) di percorrere lunghi rettilinei per assuefarsi al circuito dei mondiali, assai ricco di curve. Si alzava alle sei del mattino, tutti giorni. Anche durante il periodo del Tour, quando i suoi colleghi che non erano stati prescelti per la «Grande Boucle» se ne stavano tranquilli a letto - non presentando il periodo imminente prove impegnative - egli si allenava come se dovesse attaccare un record da un momento all'altro. E quando si convinse di aver trovato il ritmo, perfezionò tutti gli altri particolari che avrebbero dovuto portarlo alla vittoria, come quello di evitare l'assorbimento di liquidi.
Abituò il fisico al caldo, percorrendo centinaia di chilometri nelle ore più asfissianti della giornata. Per due mesi

almeno, mangiò ogni giorno nelle ore che avrebbe dovuto mangiare a Lugano, nel gran giorno. Si metteva a tavola quattro volte nell'arco delle ventiquattro ore, bevendo esclusivamente acqua minerale.
Nessun cibo che non fosse stato scelto con cura veniva da lui consumato. Il suo pasto si apriva quotidianamente con 150 grammi di prosciutto; seguivano minestroni di verdura, filetti da mettere la nausea ad un ammalato di stomaco, tanto erano enormi. E poi un quarto di pollo arrosto e ancora formaggio bianco, frutta cotta e dolce.
Così per due mesi. E per due mesi dalle quattro alle sei ore di sella al giorno, anche quando - ma accadde raramente - la sera doveva correre in qualche riunione su pista. Mangiando come abbiamo detto, il peso di Coppi sarebbe aumentato di un chilo al giorno se non si fosse sottoposto ad un intenso lavoro quotidiano. In allenamento, i suoi gregari lo impegnavano molto, perché avevano ricevuto ordini da Biagio Cavanna di metterlo alla frusta. Loro cambiavano ogni giorno, lui era sempre lui.
Carrea, Milano, Giacchero, Gaggero, Landi un giorno, quello dopo era il turno

Fausto Coppi in maglia iridata stringe la mano al giovane Jacques Anquetil
Coppi stringe la mano ad Anquetil. Sembra un ideale passaggio di consegne fra il campione affermato e il giovane astro nascente del ciclismo mondiale, di cui Fausto aveva una grande stima.

di Filippi, Favero, Grassi, Grosso, Lugano e poi di tutti i giovani del «Siof». Appuntamenti classici delle varie sedute erano: il giro cosiddetto dei «trentadue», un percorso che da Novi conduce a Tortona e ritorna indietro attraverso il bivio di Serravalle; il giro della Castagnola o qualche altro anello famoso.
Tutti i giorni Coppi affrontava non meno di cinquanta chilometri a cronometro. Ai sui giovani amici restava la soddisfazione di impegnarlo per cinque o dieci chilometri, a seconda delle possibilità e delle disposizioni ricevute da Cavanna. In questo modo, non solo Fausto e Gismondi trovarono la forma desiderata, ma anche gli altri uomini della

Quello che solo Fausto Coppi aveva saputo fare in carriera fino al mondiale del 1953
Deteneva il primato mondiale dell'ora senza allenatori: Km 45,798;
Degli 86 incontri ad inseguimento fino ad allora disputati ne aveva vinti 50 con vantaggi misurati in metri e 28 prima del limite di gara stabilito;
Aveva vinto due volte il Giro d'Italia e il Tour de France nella medesima stagione (1949 e 1952);
Aveva vestito cinque volte la maglia di Campione d'Italia dell'inseguimento (1940 - 1941 - 1942 -1947 e 1948);
Era l'unico corridore ad aver vinto tre edizioni del Giro di Romagna (1946 - 1947 e 1949);
Si era aggiudicato per ben 4 anni consecutivi il Giro di Lombardia (1946 - 1947 - 1948 - 1949);
Aveva conseguito il maggior numero di vittorie in una sola stagione (1949): Milano-Sanremo, Giro di Romagna, Giro del Veneto, Giro di Lombardia, Giro d'Italia, Tour de France, e due titoli (campione italiano su strada e campione del mondo dell'inseguimento). Nello stesso anno aveva conquistato anche il Challenge Desgrange-Colombo;
Aveva fatto registrare la più alta media (km 50,561) raggiunta in un incontro ad inseguimento (8 dicembre 1940, contro Ferdy Kubler);
Era l'unico corridore ad aver vinto due edizioni del Gran Premio Vanini (anni 1951 e 1952);

squadra raggiunsero un livello tale di rendimento che li fece contraddistinguere in molte gare alle quali presero parte...
Approssimandosi il mondiale, la gente si meravigliò di averlo visto provare poche volte la Crespera: non sapeva che Fausto, durante il suoi allenamenti, percorreva quindici, venti salite simili a quella della Crespera. A lui bastò vedere la salita del circuito luganese solo un paio di volte per farsi un'idea esatta di come avrebbe potuto condurre e decidere la corsa. E il giorno del mondiale Coppi - come un'infinità di altre volte - giocò di sorpresa.
Chi infatti si sarebbe aspettato di vederlo così presto all'attacco? Non avevano detto tutti che se Fausto fosse stato nelle condizioni migliori, avrebbe potuto sferrare il suo colpo nel penultimo o nell'ultimo giro?
Ecco come il «campionissimo» ha potuto, in modo così folgorante, strappare l'iride e dare all'Italia il quinto titolo mondiale dei professionisti della strada.

Da "LA GAZZETTA DELLO SPORT" del 02-09-1953 e "SPORT ILLUSTRATO" del 17-09-53
sintesi e adattamento dagli articoli di Guido Giardini e Rino Negri
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