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Scoperte, invenzioni, record
e avvenimenti importanti che
hanno segnato il XX Secolo |
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Finestre fotografiche
su Liguria e Toscana |
GENOVA |
Il capoluogo
della Liguria
ha il centro storico più grande
d'Europa. Nel 2004 è stata la
"Capitale Europea della Cultura"... |
EUROFLORA |
In
primavera, ogni 5 anni,
alla Fiera di Genova va in scena
lo spettacolo dei fiori per eccellenza.
I giardini più belli del mondo... |
VIA FRANCIGENA |
Col Giubileo
del 2000 è stata
definitivamente rivalutata
la via di Sigerico, che i pellegrini
percorrevano a piedi fino a Roma,
in segno di pentimento... |
PARCO DEL MAGRA |
A
Gennaio 2008 il Parco Naturale
Regionale del Magra è il
territorio
eco-certificato più esteso d'Europa... |
GOLFO DELLA SPEZIA |
Tra la punta
di Portovenere e il Capo Corvo si apre una delle più
profonde insenature di tutto il litorale occidentale
italiano, declamata nei versi di illustri poeti e nella
quale è incastonata La Spezia, città sede di porto
militare e mercantile, che oggi è anche punto di
attracco per le navi da crociera... |
LE CINQUE TERRE |
Cinque
borghi marinari il cui destino è sempre stato
storicamente legato alla terra e all'agricoltura
piuttosto che alla pesca. Un paradiso naturale della
Liguria che nel 1997 è stato inserito dall'UNESCO tra i
Patrimoni Mondiali dell'Umanità... |
LA VAL DI MAGRA |
Nobili, vescovi, mercanti e pellegrini
lungo l'asse della Via Francigena.
Culture differenti
per storia e tradizioni,
nei secoli, si sono sovrapposte
e hanno permeato il territorio con
i segni del loro passaggio... |
LA VAL DI VARA |
La "Valle
dei borghi rotondi"
è anche conosciuta come
la "Valle del biologico" per le sue
produzioni agricole ottenute con
metodi antichi e naturali.
Varese Ligure nel 1999 è stato il
1° comune ecologico d'Europa... |
LA LUNIGIANA |
La "Terra
della Luna", in
Italia,
ha la più alta concentrazione di
antichi castelli. Se ne contano
circa 160. Alcuni sono bellissimi e perfettamente
conservati... |
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Close Up |
Argomenti del
sito in primo piano,
eventi, news e storia del territorio |
Le Alpi Apuane
Originano da movimenti
tettonici del fondo marino
e sono un "monumento
geologico"
unico al mondo... |
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Liguri Apuani e Statue Stele
Le radici più profonde delle
comunità lunigianesi affondano
fino alle soglie della protostoria.
Mari e monti un tempo erano
occupati dalla bellicosa
popolazione dei Liguri Apuani... |
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Carta della Lunigiana Storica
Una cartina con note mostra il
territorio, un tempo abitato dai
bellicosi Liguri Apuani, da dove
parte questo sito... |
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Antiche ricette in Lunigiana
Piatti prelibati di
una cucina essenziale, ma non per questo meno saporita. Cibi dal
sapore antico che tornano ad imbandire le nostre tavole dopo
essere stati riscoperti a nuova vita. |
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Ferrovia Aulla-Lucca
Il fascino dei
treni d'epoca
e delle locomotive a vapore |
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Ferrovia Pontremolese
Una linea di
vitale importanza
per La Spezia e la Lunigiana |
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Ex
Ceramica Vaccari
Il comprensorio
della fabbrica è un prezioso esempio di civiltà industriale di
fine Ottocento e rappresenta un pezzo di storia fondamentale per
Santo Stefano Magra e per tutta la Provincia della Spezia. Le
aree recuperate vengono oggi dedicate all'arte, allo spettacolo,
alla cultura... |
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Il dialetto genovese
Le trasformazioni
fonetiche avvenute nella parlata di Genova sono un segno
inequivocabile del dinamismo espresso dalla città durante i
secoli della Repubblica. A Genova il dialetto è una lingua viva,
che oggi viene insegnata anche nelle scuole... |
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Infiorate del Corpus Domini
"Per tetto un cielo di stelle e
per strada un tappeto di fiori...".
A Brugnato, ogni anno, giovani e
meno giovani si radunano nel
centro storico per abbellire strade
e piazze con disegni floreali,
secondo un'antica tradizione che
origina da un miracolo
avvenuto a Bolsena... |
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Mezzi da lavoro storici
I raduni e le
esposizioni di questi autoveicoli sono un modo per ricordare ed
onorare le persone che, in passato, questi mezzi li hanno
guidati per mestiere... |
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Mezzi militari storici
I più celebri
veicoli militari che hanno partecipato alle vicende della
Seconda Guerra Mondiale sfilano per strade e piazze e mantengono
vivo il ricordo di quei terribili giorni... |
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INDICE GENERALE
'800
CRONACA 01
02
03
04
05
06
SPORT GIRO
TOUR
CICLISMO
ALTRI
FAUSTO
COPPI
INTER
RIVISTE |
SETTEMBRE 1933 - Gli agenti atmosferici si scatenano nel Ponente ligure |
La notte del 25 su
tutta la Riviera di Ponente, ma più
specificatamente sul Savonese, si è scatenato un
violentissimo temporale, con un vento impetuoso
e una miriade di abbaglianti scariche elettriche
con conseguenti tuoni assordanti. La pioggia
alluvionale ha continuato a scrosciare per la
durata di parecchie ore. Savona ha subito danni
ingenti. In diversi punti della città si sono
registrati allagamenti di cantine e negozi; la
violenza delle acque ha prodotto franamenti del
terreno, provocando il crollo di muri campestri.
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Il torrente Letimbro è enormemente ingrossato e
in alcuni punti ha straripato.
A Varazze, il Teiro, che altra volta nel 1915 ha
dato un saggio della sua violenza arrecando
danni enormi, è straripato nuovamente
abbattendo muri di contenimento e
asportando lunghi tratti della strada Varazze - San Martino Stella. Anche
dalle zone |
Alluvioni, mareggiate
e trombe d'aria in Liguria
dal 1894 al 1932 |
montane
attraversate dal torrente giungono notizie di
gravi danni.
A Pietra Ligure, stamane verso le ore 0,40 un
violentissimo temporale ha squassato l'alta Val
Maremola e, ben presto, i suoi disastrosi
effetti si sono ripercossi in maniera veramente
impressionante sulle feconde terre del
fondovalle. Alle ore 1,10 circa le acque del
torrente Maremola assumevano proporzioni
allarmanti e fu in poco tempo che queste
strariparono con violenza indescrivibile,
travolgendo ogni cosa nella loro corsa.
Purtroppo nello spaventoso cataclisma - di gran
lunga superiore a quello verificatosi 32 anni
orsono - si devono registrare alcune vittime
umane.
Il torrente ha scalzato le fondamenta di una
vicina casa della famiglia Rabellino facendola
crollare. L'edificio, nella sua rovina,
trascinava con se la signora Cristina e il
figlio Giovanni, di anni 18, assieme ad una loro
ospite, una maestra dell'Istituto Santa Corona -
il cui cognome corrisponderebbe a Odello - ma
non ancora meglio identificata in quanto i corpi
degli sventurati sono tuttora sepolti sotto le
macerie.
La forza inaudita della corrente formatasi in
quel punto tagliava nettamente in due profondi e
larghi tratti la sede della via Aurelia e i
gorghi dell'acqua trascinavano via tutto il
materiale inerte.
Savona, 26 settembre - I miseri corpi
delle tre vittime, che si temeva fossero stati
trascinati via dalla furia delle acque e perciò
sperduti in mare, sono stati estratti dalle
rovine dell'abitazione crollata intorno alle ore
16, dopo un lungo e faticoso lavoro di sgombero
operato dai soldati del Regio Esercito, dai
pompieri di Savona, da giovani e volenterosi del
luogo, alla presenza di autorità civili e
militari.
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AGOSTO 1935 - Genova: una tromba marina devasta il porto e Sampierdarena |
Dopo il ciclone
che nelle prime ore di ieri mattina 25 agosto
si è abbattuto sulla città e dintorni allagando
strade e arrecando qualche danno, in serata si
sono avuti gravi danni causati da una tromba
marina che, con inaudita violenza, si è
abbattuta sulla zona occidentale del Porto,
in via di Francia e di Sampierdarena.
Alle 19,10 precise un fortunale di inaudita
violenza si rovesciava sulla calata San Giorgio,
trascinando via, schiantando, rovesciando e
asportando tutto quello che incontrava sul suo
cammino.
I grandi elevatori elettrici sono stati divelti,
sollevati dal vento e poi scagliati a terra gli
uni sopra gli altri, con un fragore
indescrivibile. Tutti i pali a traliccio che
sostenevano le linee elettriche ad alto
potenziale sono stati abbattuti e proiettati con
violenza al suolo. La stessa sorte è toccata a
diversi vagoni ferroviari. Ridotto in frantumi
un capannone che serviva come ufficio d'imbarco
e deposito. Per avere un'idea della violenza
della tromba d'aria marina basti dire che
perfino alcuni paracarri e bitte che servono per
gli ormeggi sono state sradicate dal forte
vento.
Ill piroscafo «Verbana»,
attraccato alla Calata San Giorgio, ha
visto abbattuto l'albero di prua da un
sollevatore elettrico che gli è collassato
addosso; danneggiato anche il cassero. Alcune
lamiere che erano depositate sulla calata sono
state sollevate come fogli di carta.
La violenza del ciclone si abbatteva anche su
altre zone del porto, ma con minore efficacia.
Tuttavia il «Conte di Savoia»
rompeva gli ormeggi di prua, mentre i cavi di
poppa resistevano. La forza di movimento
impressa dagli agenti atmosferici alla grande
nave faceva piegare la bitta di calata. Dato
l'allarme, accorrevano subito vari rimorchiatori
che in poco tempo provvedevano a ristabilire gli
ormeggi del grande transatlantico.
La tromba marina si è diretta quindi verso le
adiacenze di via Milano, danneggiando un
capannone che serviva come deposito di una
società di autotreni. In corso di Francia
sono state divelte tutte le palificazioni della
corrente elettrica tramviaria e portuale. Molte
vetture del tram che stavano transitando in
corso di Francia sono rimaste danneggiate. In
località Fossato San Bartolomeo si sono
registrati gravi danni, ferimenti di persone e
un morto, un bambino di 12 anni, Giulio Serra,
che giocava presso una giostra.
Le persone che hanno perso la vita in seguito al
disastro sono complessivamente sei. I corpi
delle altre cinque vittime sono stati recuperati
dalle squadre di soccorso tra i rottami a
Ponte San Giorgio |
NOVEMBRE 1942
- Danni e vittime per l'alluvione a Santa Margherita Ligure |
Un violento
nubifragio si è abbattuto ieri mattina verso le
7 a Santa Margherita. A seguito di una copiosa e
prolungata pioggia, un vero e proprio diluvio,
il torrente Serrona (vulgo San Siro) straripava
inondando la parte bassa e centrale della
cittadina. Le acque provenienti dalla maggior
parte della zona di corso Umberto proseguivano
infatti per piazza Mazzini, largo Leonino, Via
Cavour, Via Cairoli, via Palestro, piazza
Caprera, via Venzia, piazza Vittorio Emanuele,
piazza Colombo, piazza Vittorio Veneto per
sfociare poi in mare.
La travolgente marea che si andava ingrossando
continuamente a causa del continuo acquazzone
che imperversava sulla città fece sì che la zona
in pochi minuti fosse trasformata in un vero
torrente in piena.
Le acque sulle vie Cavour, Palestro e Venezia
toccarono un limite di circa un metro e mezzo
travolgendo nella loro corsa ogni cosa. Il
commerciante Giuseppe Cassinelli, di 69 anni,
soccombeva dopo essere stato travolto dalla
corrente durante il tentativo di entrare nel suo
negozio già invaso dalle acque.
Un'altra vittima fu il muratore Giuseppe Faimale,
di 68 anni, il quale venne travolto dalla
violenza delle acque in località San Siro,
all'altezza di via Lavatoi. Per tentare di
salvarsi si aggrappò ad un albero che però venne
sradicato via dalla forte corrente e nella sua
corsa trascinò via anche il disgraziato. Alcuni
animosi riuscirono comunque ad afferrarlo e a
portarlo al riparo, ma ormai il poveretto era
senza vita.
La violenza della pioggia verso le 10 accennò a
scemare facendo diminuire il livello delle
acque. Le prime squadre di soccorso si
disponevano ad intervenire quando le cateratte
del cielo si aprirono nuovamente e con rinnovata
violenza fecero sì che la piena si rinnovasse
nuovamente prendendo proporzioni ancora
maggiori. I danni e le distruzioni si aggiunsero
ai precedenti facendo sì che quei pochi negozi
che erano stati risparmiati per la maggiore
resistenza delle saracinesche fossero anch'essi
colpiti. |
OTTOBRE 1948 -
Il Vara in piena assedia i paesi di Borghetto e Brugnato |
Ore tragiche in
Val di Vara per la piena del fiume - Nella
buona stagione il
Vara è un tranquillo corso
d'acqua, che si svolge tortuoso ed angusto tra
le montagne a strapiombo, brulle, di cui la
guerra e il disboscamento hanno eliminato le
rade piante primitive. E' un paesaggio incolto
che lambisce il fiume, squallido e pietroso:
pare un «canyon». Borghetto e Brugnato, i due
paesi minacciati dall'alluvione, sorgono appunto
dove termina il canalone e le montagne,
allargando la loro cinta, permettono un notevole
tratto di pianura. In questo punto il Vara trova
un letto più vasto, la popolazione è dedita al
lavoro agricolo, il bestiame può pascolare. E'
stato quasi d'improvviso che il fiume ingrossato
ad usura dalle colonne d'acqua che scrosciavano
giù dalle pietraie lungo i suoi fianchi, ha
assalito con una corrente di rara violenza la
valle, minacciandone gli abitanti.
Ieri sera la situazione di Borghetto, che è
delimitato dall'ansa del fiume, era tragica. Il
paese era assediato dall'acqua che continuava a
salire e intanto si parlava confusamente di
bestiame e di campi travolti sull'altra sponda.
Si lottò, si fece il possibile, ma alla fine la
gente si era rifugiata spaventata sulle alture.
Tutta la notte si è temuto che il fiume
passasse, sfondasse e travolgesse quanto ancora
rimane in piedi di Borghetto, che porta ancora i
segni della guerra. Mezzo paese è annerito e
bruciacchiato, l'altra metà è rinata, Dio solo
sa a prezzo di quali sacrifici e di quale
tenacia.
Le prime luci del mattino, seppur nebbioso,
hanno portato conforto e speranza. Uomini e
paesaggio emergono dall'alluvione come
naufraghi. Il fiume non è passato, brontola
ancora tumultuoso sotto le prime case, ma forse
non passerà. Comunque ha preteso il suo prezzo,
qui e altrove, lungo la vallata: si parla di
danni complessivi per miliardi di lire.
L'atmosfera è quella dei grandi disastri e la
rassegnazione della gente è tanto naturale ormai
quanto amara.
(estratto da un
pezzo di Gino Patroni) |
Gravemente
colpita anche la Riviera di Levante - Il
danno più grave si è registrato a Levanto dove
il ponte ferroviario della linea Genova-Roma è
stato spazzato via dalla furia delle acque ed i
binari sono rimasti pericolosamente sospesi nel
vuoto.
»»»
Note e immagini sull'alluvione in Val di Vara del 25-10-2011 |
SETTEMBRE 1953
- Il Bisagno allaga Genova. Nubifragio anche in Val Trebbia |
Il 1953 è l'anno
dell'alluvione a Genova e soprattutto nella
riviera di Levante e nell'entroterra. Il
capoluogo ligure va sott'acqua il 21 settembre,
dopo che in cinque ore sono caduti 212
millimetri di pioggia. Allagata la zona del Bisagno e il centro cittadino attorno a
Brignole.
Danni anche a Caricamento e al Porto Franco. Il
Levante della regione venne colpito quasi un
mese dopo. |
LA VAL TREBBIA
SCONVOLTA DAL NUBIFRAGIO - La
violenza degli agenti atmosferici che nella
notte fra sabato e domenica ha colpito Genova si
è abbattuta anche sulla Val Trebbia, fino al
Piacentino. Nella zona di Torriglia, dove erano
ancora in villeggiatura alcune famiglie
genovesi, trattenute dalla mancanza d'acqua di
cui soffre la città, il nubifragio si è
scatenato come un'apocalisse, mietendo le prime
vittime.
Due coloni che si trovavano sulla
provinciale per consegnare alla corriera il
latte per la centrale di Genova avevano trovato
riparo, assieme ai loro muli, in una capanna di
legno e paglia. All'improvviso dalla soprastante
Costa del Toro si originò un movimento franoso
che travolse il loro riparo di fortuna,
trascinando tutti nel Trebbia paurosamente
ingrossato. I Carabinieri di Torriglia, accorsi
sul posto, sono riusciti a recuperare le
carcasse degli animali, mentre mancano ancora
all'appello i corpi degli sventurati.
Una terza vittima si è avuta a Pianazza di
Torriglia, un boscaiolo che si era rifugiato in
una stalla travolta anch'essa da una frana. Un
contadino è invece annegato a Dolgo, sul greto
del fiume, mentre era intento a raccogliere
della legna assieme al figlio. Quest'ultimo, che
si trovava in un punto più alto, non è riuscito
a portare aiuto al genitore ed è poi stato
tratto in salvo dai Vigili del Fuoco di
Piacenza.
La salma di una donna sconosciuta è stata
recuperata in località Doncento, nel comune di
Travo. Il corpo senza vita di un uomo di cui non
si conoscono le generalità è stato ripescato
invece sulla riva sinistra del Trebbia, in
località Valendasco.
Nell'entroterra ligure colpito dalla furia degli
elementi si registra una gigantesca frana a
Creviasco, popolosa frazione di Lumarzo. Lo
smottamento di sassi e terra ha trascinato nel
fiume in piena due baracche di un cantiere di
lavoro, posto lungo la strada che da Acqua di Ognio sale appunto a Creviasco.
All'interno della baracca più piccola si
trovavano 4 operai che sono scomparsi nei gorghi
e nulla si sa della loro sorte. Un altro
movimento franoso, cinque minuti dopo, ha
spazzato via il ricovero più grande appena
abbandonato da altri 8 lavoratori che, fiutando
il pericolo, avevano deciso di uscire e scappare
nel bosco. |
OTTOBRE 1953
- La pioggia scatena il finimondo nella Riviera di Levante |
Il primo bilancio del
nubifragio che si è abbattuto sulla Riviera
ligure di Levante tra la mattina del 14 e
la giornata di giovedì 15 parla di due
morti, tre feriti e danni valutati nell'ordine
di miliardi. La prima vittima è l'aviere Sorese
Gentile, barese di 27 anni, allievo della scuola
di telecomunicazioni delle forze armate in
località Caperana di Chiavari, che
all'una di notte del 15 si trovava di sentinella
ed è stato travolto dalle macerie di un muro
abbattuto dalle acque dell'Entella; una persona
anziana è annegata all'interno di un magazzino.
La città di Chiavari intanto viveva ore di
terrore. La parte bassa della città è stata
presto invasa dall'acqua e dal fango, centinaia
di negozi sono stati allagati mentre l'opera di
soccorso è diventata sempre più difficile poiché
le comunicazioni hanno subito un ulteriore colpo
in seguito ai danni subiti dalla centrale
telefonica inondata.
Silenziosamente un fiume viscido e calmo ha
cominciato a spandersi per tutta Sestri
Levante. I danni procurati dall'acqua
penetrata nei negozi e negli scantinati sono
stati aggravati dalla presenza di residui
oleosi. Nella mattinata del 15, mentre l'opera
di soccorso impegnava tutti i cittadini, è stata
scoperta nel retrobottega di una stireria la
seconda vittima dell'inondazione. Si tratta di
Angelina Rocca, un'anziana stiratrice giunta
troppo tardi a soccorrere il marito settantenne,
Gaetano Correale, che si era fermato a dormire
nel negozio.
Recco ha sofferto danni notevoli,
sorpresa dallo straripamento del torrente.
Particolare impressione ha destato la morte di
un bambino di otto anni. Carlo Attilio Pozzo,
questo il nome del piccolo, è annegato
miseramente nelle acque che avevano invaso una
delle grandi zone di depressione sulla destra di
Via Roma. |
FEBBRAIO 1955
- Una mareggiata fa crollare la diga foranea del porto di Genova |
Fin dalle prime
ore di ieri mattina (19) il maltempo si è
scatenato su Genova e sulle due riviere con
violenza inaudita. Nel brontolio dei tuoni,
la grandine si è accanita per un'ora sulla città.
Il vento di sud-ovest, sollevandosi con furia
eccezionale, ha gonfiato il mare con ondate
paurose. Il culmine della mareggiata si è avuto
tra le 15 e le 17. Dalla circonvallazione a mare
si è assistito allo spettacolo impressionante
offerto dai marosi che si accanivano lungo il
litorale, rovesciandosi sulle rocce della strada
di levante e sollevando altissime colonne
d'acqua polverizzata, portata dal vento alcune
centinaia di metri verso l'interno.
I danni più gravi sono stati registrati in
porto, dove le raffiche di vento sono
andate via via aumentando di intensità sino a
raggiungere, verso le dieci del mattino, i
cento chilometri all'ora. In una fotografia
che ritrae le onde del mare in tempesta si vede
distintamente che le stesse superavano di almeno
il doppio il fanale del molo Duca di Galliera,
alto 22 metri.
Dopo ore e ore di intensa pressione, verso le 15
la diga foranea posta a protezione del porto
non ha retto a quel terrificante ed incessante
martellare: è crollata come sotto i colpi di un
maglio.
Uno squarcio di circa 200 metri si è
aperto nella parte di ponente e le onde,
trovando via libera, hanno cominciato a spazzare
il porto. Sono state ore terribili, che hanno
tenuto impegnati centinaia di uomini, le forze
di polizia, i vigili del fuoco, i piloti, i
rimorchiatori e gli ormeggiatori.
Nessuno ricordava un disastro del genere. Quando
la diga è crollata, tonnellate di pietra si sono
riversate nello specchio d'acqua compreso tra
ponte Canepa e molo Nino Ronco. Le
onde hanno raggiunto calata Derna,
distruggendo in un attimo circa 200
imbarcazioni dei pescatori di Sampierdarena.
La Darsena Petroli è stata quasi
completamente rasa al suolo. Le ondate che si
sono abbattute sul molo Nino Ronco hanno infatti
portato via di colpo parte dei due moli dove le
petroliere andavano ad attraccare per effettuare
le operazioni di scarico della nafta. La
struttura ha ceduto di fronte a ponte Canepa e
le onde sono andate ad infrangersi sul piano di
calata.
L'acqua, con inaudita violenza, ha invaso per
un'altezza di circa 80 centimetri le
abitazioni di Ponte Chiappa. Parecchie
famiglie, per sottrarsi al pericolo, hanno
dovuto trasferirsi dal piano terreno a quelli
superiori. La furia del mare ha investito tutta
la parte di ponente del porto, facendo strage di
fabbricati, attrezzature e di navi che vi erano
ormeggiate.
La pirocisterna «Camas Meadows», rotti
gli ormeggi, è stata scagliata dal mare contro
la radice di ponte Canepa. Lo scafo sbatteva
rumorosamente contro la banchina; l'imbarcazione
ha cominciato lentamente ad inclinarsi e, alle
18,42, si è completamente capovolta, la
chiglia in aria e il fumaiolo in acqua. Operai e
guardiani, che si trovavano a bordo, erano già
scesi a terra con grandi difficoltà al primo
annuncio della tempesta. La petroliera «Atlantic
Lord», in seguito all'urto della poppa
contro la calata, ha avuto una falla dalla quale
il carburante nelle tanks si è riversato in
mare. La nave era trainata dai due
rimorchiatori «Norvegia» e «Genova»
che erano arrivati in suo soccorso e cercavano
di mantenerla al centro dello specchio d'acqua.
Tutto inutile perché, dopo ore drammatiche, i
cavi si sono spezzati e la petroliera è andata a
sbattere, come riferito sopra.
Un'altra nave in difficoltà è stata l'«Antonio
Zotti» che, rotti gli ormeggi, ha potuto
essere riassicurata al molo dopo ore di
infruttuosi tentativi. Il «President Mac
Kinley», in seguito agli urti contro la
banchina, ha riportato due falle nello scafo ed
ha cominciato ad imbarcare acqua. Per tenerlo
lontano da ponte Etiopia ci sono voluti
ben 7 rimorchiatori.
L'ordine di abbandono nave è stato dato
invece dal comandante (Johns Vinquist) del
piroscafo svedese «Nordland» (4.147
tonnellate di stazza) che a seguito di due falle
sulla fiancata sinistra continuava ad imbarcare
acqua ed iniziava ad inclinarsi su un fianco. Il
provvedimento si è reso necessario in quanto la
nave ha nelle stive circa 400 tonnellate di
carburo che, a contatto con l'acqua,
potrebbe dar luogo ad un'esplosione. |
DUE GIORNI DOPO LA «NORDLAND»
ESPLODE COME UNA PALLA DI FUOCO -
Alle 19,20 di ieri sera (21) il piroscafo
svedese «Nordland» è esploso. L'acqua, che già
nel pomeriggio di sabato aveva iniziato ad
invadere lo scafo, ha raggiunto le due stive
cariche di carburo. Il botto è stato
impressionante: la nave, squarciata di colpo
nella parte prodiera, per un attimo si è
sollevata sul mare mentre una fiammata
abbagliante illuminava tutta la zona di ponte
Eritrea. Un secondo scoppio è succeduto a
distanza di pochi secondi. Fiamme di colore
rossastro si sono immediatamente levate
altissime ed il boato è stato avvertito in tutta
la città. I vetri delle case costruite in un
vasto raggio attorno al porto sono andati in
frantumi. Un fumo nero ed acre ha avvolto il
porto sotto la spinta di un debole vento che
soffiava da est. Bruciavano anche alcune
tonnellate di sughero che erano state
sistemate sulla coperta della nave e che in
parte galleggiavano ora sul mare. Le esplosioni
dei barilotti di carburo sono continuati fino
alle ore 23.
I Vigili del Fuoco si sono aperti la strada
attraverso il fumo dell'incendio ed hanno
raggiunto i capannoni di ponte Eritrea e
ponte Somalia, dove il tetto appariva
scoperchiato e le porte sfondate. Al loro
interno c'erano in deposito molte tonnellate
di juta ed altro materiale facilmente
infiammabile. Qualche scintilla avrebbe potuto
innescare un incendio.
Gli agenti di polizia hanno formato un
cordone lungo le calate impedendo l'accesso
a chiunque: attraverso quella catena umana
passavano i tubi dei pompieri che si snodavano
fino a raggiungere le porte dei capannoni
sfondate dalla deflagrazione. L'acqua rovesciata
in mare dalle pompe riusciva a domare le ultime
fiamme nella tarda serata. |
APRILE 1970 -
Genova assiste impotente al naufragio della «London Valour» |
Una violentissima
libecciata nell'aprile del 1970 scaraventò la
nave britannica «London Valour» contro la
diga
foranea del porto di Genova. Nel naufragio,
seguito con raccapriccio da migliaia di genovesi
assiepati lungo la Circonvallazione a mare,
morirono 20 persone. Mesi dopo venne a Genova
l'armatore della nave e consegnò una medaglia
d'oro ai soccorritori, in segno di riconoscenza
per il loro eroismo, sfortunatamente non
sorretto da mezzi di intervento adeguati. Tra
essi rimase mitico il capitano Enrico che ai
comandi del suo fragile elicottero libellula si
prodigò oltre ogni limite per salvare il maggior
numero di naufraghi, conquistando il cuore dei
genovesi.
Il dramma della «London Valour», alla fonda
nella rada di Genova, iniziò alle 13,30, quando
a bordo si accorsero del pericolo imminente.
Venne attivata la sirena di allarme che cominciò
a suonare ripetutamente. Le tremende ondate di
libeccio spingevano la nave verso l'estremità di
levante del molo Galliera, la diga di protezione
del porto. L'ancora arava sul fondo, la catena
era in tensione e l'estremità della diga si
avvicinava sempre di più. In Corso Italia e
Corso Aurelio Saffi le automobili iniziavano a
fermarsi per scrutare quanto accadeva in mare.
La gente si raccoglieva rapidamente anche sulla
rotonda di Via Corsica.
La tragedia vera e propria ebbe inizio alle ore
14,10 quando la nave urtò contro l'estremità del
molo, con la poppa che andava oltre l'estremità
del molo medesimo, verso levante, e la prora a
ridosso della diga. Le onde del mare in tempesta
scavalcavano nave e diga.
Dal palazzo dei congressi è possibile osservare
tutto quello che accade. E' il posto ideale per
installare un centro di coordinamento dei
soccorsi. Sono le 16 e la nave è persa: si
tratta di vedere se si possono salvare almeno
gli uomini. In mare ci sono tre disgraziati che
non possono essere visti dal bordo delle
imbarcazioni. Una lancia carica di naufraghi
viene rimorchiata verso il porto.
L'elicottero rosso del capitano Enrico, che in
precedenza aveva già salvato dal mare un uomo,
lancia una cima verso i tre sventurati. Sono
rimasti in due perché il terzo, scaraventato
contro i blocchi appuntiti, è scomparso poi tra
le onde. Sono stremati e non riescono ad
afferrare la ciambella agganciata alla cima
scesa dalla leggera macchina volante. Uno di
loro, dopo immani sforzi, verrà recuperato a
bordo di una pilotina a circa 50 metri dalle
scogliere di protezione al terrapieno della
Fiera. L'altro riuscirà ad arrivare in acque più
calme e verrà issato a bordo di una motovedetta
della Guardia di Finanza.
La prora della «London Valour» si era abbassata
di molto. La poppa era ormai scomparsa
sott'acqua. La sommità dei bighi di carico
sporgeva visibilmente tra un'ondata e l'altra.
Con i binocoli la gente accalcatasi sulla
rotonda di via Corsica cercava di scrutare a
bordo della nave. Si vedeva gente a bordo,
radunata sulla prua che ancora spuntava al di
sopra del molo Galliera. Tra uomini e donne
vennero contate una quindicina di persone.
Qualcuno si salvò scendendo a mo di
teleferica lungo una sagola serrata tra il
bordo nave e la diga. Una donna non ce la fece a
tenersi con le mani al cavo che si tendeva e si
allentava paurosamente: cadde nel vuoto e andò a
fracassarsi sugli scogli.
Sulla prua bisognava rimanere saldamente
aggrappati per non essere ghermiti dalle onde.
In cinque furono spazzati via e trascinati tra i
marosi. Solo in due rimasero a galla e si
salvarono. Morirono in questo modo il
comandante, il telegrafista e sua moglie.
La salvezza bisognava conquistarsela con tanto
coraggio, buttandosi a mare e nuotando tra
quelle onde maledette. Era quasi buio e gli
ultimi ad essersi gettati in acqua stavano
nuotando disperatamente da almeno un quarto
d'ora (un'eternità) quando furono scorti in
mezzo alla nafta e issati in salvo.
John Anderson all'ospedale lo scambiarono per
un indiano perché era una maschera di nafta.
Ci mise un po' a spiegare ad un'infermiera che
lui era inglese... |
OTTOBRE 1970 -
A Genova il Bisagno semina devastazione, lutti e dolore |
Sull'alluvione di
Genova dell'ottobre 1970 il «Secolo XIX» non
scrisse articoli ma interi giornali. Fedele al
suo destino di seguire sempre, nel bene e nel
male, le sorti della città il «Decimonono» finì
sott'acqua con la tragica ondata di piena del
Bisagno. Ventiquattro ore dopo, grazie
all'intervento dei Vigili del Fuoco, agli
addetti all'elettricità e, soprattutto, al
personale delle rotative, era di nuovo in grado
di uscire. E uscì con un titolo pieno di
doloroso orgoglio: "Genova resiste".
La gente fece subito capo al suo giornale, chi
era in difficoltà lo disse, chi poteva donò. I
giornalisti e gli impiegati del «Secolo XIX»
giravano per la città con le tasche piene dei
denari portati dai lettori e li distribuivano
con semplicità e rapidità.
Tutto sulla fiducia, come si fa in famiglia. In
attesa delle provvidenze pubbliche, migliaia di
persone poterono sfamarsi grazie a quei denari.
Mentre si registravano danni e vittime, scattava
subito la ricerca del perché di una simile
tragedia, con inchieste scottanti. I ragazzi,
intanto, diventavano gli eroi del fango.
In un disastro tanto corale, non ci fu, è ovvio,
un articolo in grado di riassumere tutto quello
che accadde in quei luttuosi giorni. Giorni che,
purtroppo, sarebbero ritornati in quanto in
città il Bisagno rappresenta una minacciosa,
continua presenza. |
OTTOBRE 1977 - Un'ondata di maltempo si sposta da Genova alla Valle Stura |
Un altro giorno di
devastazione e di morti in Liguria. L'ondata di
maltempo che giovedì aveva colpito in modo così
pesante il centro storico di Genova e
alcune delegazioni di ponente si è spostata
verso nord, sfogandosi in modo particolarmente
rovinoso sulla Valle Stura, sull'Alessandrino
e su Tortona.
In questo triangolo si è
purtroppo compiuta una tragedia di proporzioni
enormi. Il bilancio è pesantissimo, anche in
vite umane: nove morti, alcuni
dispersi (il loro numero non è ancora stato
valutato esattamente), centinaia di
senzatetto, miliardi di danni. Il
maggior numero di vittime si è registrato a
Tortona (quattro) e a Serravalle Scrivia
(Tre). Un pensionato genovese ha perso la vita
ad Acqui Terme. Un'anziana donna è deceduta a
Campoligure: tra i dispersi c'è una sorella
della vittima. |
CAMPOLIGURE
- Ha il triste record della distruzione.
Sicuramente è uno dei centri più colpiti. La
donna morta si chiama Rosa Oliveri (73 anni).
Gravissimi i danni: le 21 aziende artigiane
specializzate nella lavorazione della filigrana
sono state quasi interamente cancellate dalla
furia dell'acqua che ha sommerso il paese. L'ottanta
per cento delle case ha subito danni:
mancano acqua potabile, gas, luce elettrica.
L'acqua non ha risparmiato neppure il primo
piano dell'ospedale, che è posto a ben sei
metri d'altezza dal piano stradale. I malati
sono stati evacuati d'urgenza, appena prima che
la corsia fosse minacciata dall'acqua. |
ROSSIGLIONE
- La domanda che tutti si pongono è: come e
quando potrà riprendere l'attività il
Cotonificio Ligure? Lo spettro della
disoccupazione per centinaia di lavoratori si
aggiunge a tutti gli altri danni e disagi subiti
dalla popolazione. Nessuna vittima, per fortuna. |
MASONE - E'
il terzo centro della valle che la furia de
maltempo non ha risparmiato. Una notte da
incubo, danni materiali ingentissimi,
soprattutto nella parte bassa della cittadina. |
SERRAVALLE -
Una mezza collina è franata e scivolando
a valle ha raso al suolo in un attimo la casa
del presidente della giunta provinciale di
Alessandria, causando la morte istantanea della
moglie Angela Demicheli (42 anni) e del suocero
Natale Traverso (79 anni). A poche decine di
metri travolta anche la casa del custode dove si
trovava la terza vittima, Giuseppe Repetto di 69
anni. |
Il nubifragio è
stato particolarmente violento anche a Acqui
Terme, Arquata Scrivia, Cartosio
e Vignole Borbera dove si registrano
allagamenti di abitazioni, negozi e scuole. La
rovina del ponte sul Borbera causa disagi
alla viabilità.
Il crollo di un ponte e numerose frane hanno
resa difficoltosa la viabilità in quel di
Arquata Scrivia. A Cartosio sono straripati i
torrenti Erro, Bicogno, Stavanazzo,
Lemme. Gli argini del del torrente
Orba hanno ceduto in tre punti. Numerose
sono le frazioni rimaste isolate per la caduta
di massi e muri e per il franamento delle
strade. Ingenti i danni alle colture, alle
abitazioni e alle industrie.
Ad Acqui Terme sono rimaste interrotte la
strada statale Alessandria-Savona e la
linea ferroviaria; Straripato il torrente
Medrio. A Silvano d'Orba è crollato
il ponte sul Piota; distrutto anche il
ponte tra lo svincolo di Belforte e
Ovada. |
SETTEMBRE 1979
- Un nubifragio causa gravissimi danni a Sestri Levante |
Ieri (21) si è
avuta l'ennesima conferma della gravissima
situazione orografica in cui versa la regione:
sono sufficienti poche ore di pioggia copiosa
affinché la Liguria smotti, si allaghi,
crolli... Stavolta il nubifragio si è
abbattuto nella notte sulla Riviera di Levante,
causando danni per miliardi e una vittima.
L'area più colpita è un triangolo che ha il suo
vertice sul monte Capenardo
(nell'immediato entroterra) e gli altri due
angoli a Sestri Levante e Riva Trigoso.
In quest'area che comprende anche il comune
di Casarza Ligure la pioggia ha provocato
danni ingentissimi per il cui inventario ci
vorrà molto tempo. La città più colpita è Sestri
Levante.
La fabbrica «Italiana Tubi », che da
lavoro ad oltre 2.000 persone, è inagibile.
L'acqua torrenziale ha invaso addirittura i
forni dei laminatoi. Un''altra azienda di Sestri
Levante, il «Canapificio Ligure», è stata
oggetto di allagamento con distruzione di
scorte, prodotti lavorati e macchinari.
Un operaio, Gino Cafferata (54 anni), che si
recava al lavoro a Riva Trigoso con la sua auto
è morto per infarto dopo che il suo mezzo si era
trovato bloccato in un lago d'acqua alta più di
un metro. Forse sarebbe sopravvissuto se
un'ambulanza avesse potuto raggiungerlo in
tempo.
Torrenti e e pioggia hanno provocato un
sconquasso. Il torrente Gromolo (che
attraversa Sestri Levante) e il Petronio
(che sbocca a Riva Trigoso, dividendo in due il
paese) si sono gonfiati oltre misura, provocando
all'alba l'immancabile ondata di piena. A Sestri
Levante l'ondata del Gromolo ha demolito un
ponte in ferro che era utilizzato dai cittadini
per spostarsi da via Romana a via Nazionale, nei
pressi del passaggio a livello della ferrovia. I
detriti hanno colpito e danneggiato anche un
altro cavalcavia.
L'onda di piena, dopo essersi ulteriormente
rafforzata, è andata ad investire il ponte
metallico delle ferrovie, scavalcando la strada
ferrata e bloccando l'unica liena di
collegamento tra Genova, Roma e il Sud Italia. |
segue da: "Alluvioni, mareggiate e trombe d'aria in Liguria dal 1894 al 1932" |
Sintesi e
adattamento dal volume "1986-1986 - I cento anni
de "Il Secolo XIX" |
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